Attualità

Concorsi posti di sostegno: che senso hanno?

Di recente, ho letto con molto interesse l’articolo del Corriere della sera intitolato “Insegnanti di sostegno, una giostra. Cambiano per il 60% degli alunni”.
Mi verrebbe da dire: “Niente di nuovo sotto il sole!”, e che “quella giostra-girandola-altalena ormai cronica di docenti per il sostegno agli alunni con disabilità non diverte affatto.”
Al riguardo, per quanto concerne i docenti per il sostegno, in base ai dati forniti dal recente Report Istat, complessivamente, per quest’anno scolastico il loro organico conta 196.605 posti.
Nello specifico, abbiamo 126.170 posti di organico di diritto e di 70.435 posti in deroga, numero che oggi, all’inizio del secondo quadrimestre, tocca già quasi i 100 mila posti, portando quello totale di insegnanti di sostegno a quasi 220000.

La possibilità della nomina di posti di insegnanti di sostegno “in deroga”, in seguito alla sentenza 80 del 2010 della Consulta, è stata giustamente sancita dall’art 19 comma 11 della Legge 111 del 2011 per garantire la tutela del diritto all’istruzione e all’integrazione, previsto dall’art 12 della Legge 104 del 1992 a beneficio soprattutto degli alunni con disabilità grave.
Tuttavia, dobbiamo ricordare che tali posti in deroga sul sostegno possono essere utilizzati solo per le supplenze annuali e, dunque, senza alcuna garanzia di “continuità didattica” per gli allievi disabili.

In tal senso, i numeri in nostro possesso sono preoccupanti: sulla base del predetto Rapporto Istat sull’inclusione scolastica, rileviamo come la quota di studenti disabili che ha cambiato insegnante per il sostegno rispetto all’anno precedente è pari al 59,6%, salendo al 62,1% nelle secondarie di primo grado e raggiungendo addirittura il 75% nelle scuole dell’infanzia».

Eppure, basterebbe poco per ovviare nell’immediato al problema. Innanzitutto, a mio avviso, occorrerebbe applicare subito quanto stabilito dall’art 14 del D.Lgs. 66 del 2017, ai sensi del quale “Al fine di agevolare la continuità didattica, ai supplenti di sostegno, con il consenso della famiglia degli alunni, possono essere affidati ulteriori contratti a tempo determinato nell’anno scolastico successivo.”

In secondo luogo, trovo ormai indifferibile ed urgente la modifica dei criteri di costituzione degli organici dei docenti specializzati a livello nazionale: In proposito, mi sento di proporre al mondo della politica l’emanazione di una norma per sancire una volta per tutte il passaggio nell’organico di diritto dei posti in deroga sul sostegno, al fine di garantire continuità didattica e stabilizzare da subito 100 mila insegnanti di sostegno.

Ritengo inoltre altrettanto improrogabile l’assunzione di un numero maggiore di docenti di sostegno di ruolo, in modo da abbassare considerevolmente l’attuale percentuale di posti attribuiti a supplenza.
Da questo punto di vista, un’”ancora di salvezza” potrebbe essere rappresentata dai concorsi per docenti di sostegno che sono partiti proprio in questi giorni.
E purtuttavia, la pubblicazione del numero di candidati per posti di sostegno negli attuali concorsi mette in risalto un dato molto allarmante: su 14.627 posti di sostegno messi a concorso dalla scuola dell’infanzia alla secondaria di I grado, ben 11.161 posti di sostegno non potranno essere assegnati per mancanza di candidati, soprattutto nelle Regioni del Nord.

Per ovviare a tale criticità, mi permetto di avanzare al Ministero l’ulteriore proposta di prorogare quanto stabilito dall’art 5 della Legge 74 del 2023, in base al quale, una volta completata la fase ordinaria delle assunzioni in ruolo relative ai posti di sostegno (il 50% dei posti disponibili assegnato alle GaE e l’altro 50% alle graduatorie dei concorsi), si procede all’assegnazione dei posti ancora vacanti esaminando la prima fascia delle GPS sostegno e, se necessario, gli elenchi aggiuntivi che verranno formati entro il 30 giugno.

Ma la “madre di tutte le Riforme del sostegno”, a mio avviso, dovrebbe prevedere l’obbligo di permanenza dell’insegnante specializzato di ruolo per l’intero ciclo d’istruzione seguito dal suo alunno con disabilità (infanzia, primaria e secondaria di primo e di secondo grado). Ma questa è un’altra triste storia!
Solo realizzando concretamente le condizioni “strutturali” di cui sopra, sarà possibile garantire un’effettiva continuità didattica e realizzare a pieno l’inclusione scolastica degli alunni/studenti con disabilità del nostro Paese.

Gianluca Rapisarda

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