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Concorsi pubblici: come garantire l’anonimato delle prove

Le decisioni fin qui assunte dalla magistratura amministrativa sulla questione del concorso per dirigenti scolastici in Lombardia si prestano ad interessanti riflessioni sul problema più generale della imparzialità delle procedure concorsuali pubbliche.
In sostanza il concorso è stato invalidato perché le buste contenenti i dati dei candidati non erano sufficientemente opache rendendo in tal modo possibile (anche seppure “astrattamente”, dice il Consiglio di Stato) l’identificazione dell’autore della prova.
Si tratta di una decisione di estremo interesse perché, se portata alle sue conseguenze (neppure troppo estreme), si tradurrebbe di fatto nella bocciatura di qualunque prova concorsuale che comprenda un elaborato scritto.
In realtà, per fare in modo che uno o più componenti della commissione riconoscano l’autore della prova, non c’è affatto bisogno di ricorrere a buste del tipo “vedo-non-vedo”. Basta molto meno.
Volete un paio di esempi ?
Eccoli. 

Il candidato A.B., dopo aver completato il proprio elaborato, prende nota molto semplicemente di alcune parole utilizzate nel corso del testo e le comunica al commissario “complice”: “autonomia” alla decima riga della prima pagina, “progettazione” alla decima della seconda, “normativa” alla decima della terza e “formazione” nella terzultima riga.

Se preferite si può anche utilizzare un metodo diverso.
In quanti modi si può indicare il regolamento sull’autonomia ?
C’è solo l’imbarazzo della scelta:
DPR n. 275 del 1999
D.P.R. 275/99
DPR n. 275/1999
dpr 275/99
“regolamento contenuto nel DPR 275/99”
Basta combinare in vario modo le diverse opzioni (DPR in maiuscolo o minuscolo, con o senza il punto, n oppure n. per indicare la parola numero, e così via) per ottenere decine e decine di possibilità diverse: il candidato decide quale “cifratura” usare, lo comunica al “commissario-complice” e il gioco è fatto.

Sono solo due banalissimi esempi, ma siccome la fantasia italica è assolutamente proverbiale (non dimentichiamoci che Totò e Nino Taranto riuscirono persino a vendere la Fontana di Trevi ad un facoltoso turista americano), siamo certi che di metodi più o meno efficaci per rendere riconoscibile il proprio elaborato in una prova di concorso ce n’è davvero più di uno.
C’è un solo modo per evitare tutto questo: la prova d’esame dovrebbe essere completamente “automatizzata” e corretta non da commissari in carne ed ossa ma da un software apposito. Al momento attuale, però, questo è possibile solamente con test a scelta multipla come quelli usati per la prova preselettiva.
Se si ritiene che la selezione dei dipendenti pubblici debba avvenire in questo modo bisogna però avere il coraggio di dirlo e soprattutto di accettarne le conseguenze.

Reginaldo Palermo

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