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Concorsi pubblici: l’anonimato non c’è mai stato

La notizia dell’indagine giudiziaria sul concorso per dirigenti scolastici in Campania non ci stupisce affatto.
Semmai ci stupisce che per un anno e mezzo in Lombardia ci si sia gingillati con le buste trasparenti pensando, evidentemente, che le buste opache di carta pesante possano servire a garantire la regolarità dei concorsi pubblici.
Le cronache delle ultime ore confermano puntualmente quanto avevamo scritto in tempi non sospetti (luglio 2013): per rendere riconoscibile e identificabile un compito scritto ci sono decine di modalità diverse, basta ingegnarsi e organizzarsi.
Sembra che a Napoli alcuni candidati avessero deciso di usare alcune particolari espressioni nell’incipit dell’elaborato o in punti precisi del testo, ma di sistemi ce ne possono essere anche altri.
A luglio scrivevamo:

“In quanti modi si può indicare il regolamento sull’autonomia ? 
C’è solo l’imbarazzo della scelta: 
DPR n. 275 del 1999 
D.P.R. 275/99 
DPR n. 275/1999 
dpr 275/99 
regolamento contenuto nel DPR 275/99
Basta combinare in vario modo le diverse opzioni (DPR in maiuscolo o minuscolo, con o senza il punto, n oppure n. per indicare la parola numero, e così via) per ottenere decine e decine di possibilità diverse: il candidato decide quale “cifratura” usare, lo comunica al “commissario-complice” e il gioco è fatto.”

E’ ovvio che il sistema funziona a condizione che il candidato abbia un “riferimento” interno alla commissione, ma d’altra parte anche le buste trasparenti funzionano a condizione che ci sia qualcuno disposto a tentare di leggere fraudolentemente quanto contenuto all’interno.
E allora ?
E’ ovvio che un sistema basato sulla produzione di un elaborato scritto dal candidato non garantisce in alcun modo l’anonimato. 
Per risolvere il problema bisognerebbe utilizzare strumenti diversi, come per esempio i test a scelta multipla. Ma chi protesta per la mancanza di anonimato sarebbe d’accordo su concorsi pubblici basati su “prove oggettive” da correggersi magari non manualmente ma con l’ausilio di appositi lettori ottici? Non sarebbe forse meglio introdurre uno specifico reato (truffa in pubblici concorsi, per esempio) prevedendo come pena accessoria l’interdizione perpetua dai pubblici uffici sia per il concorrente sia per i commissari “corrottii” ?

Reginaldo Palermo

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