Continua far discutere l’articolo 10 del decreto legge n. 44/2021, che – per volontà del nuovo ministro per la PA, Renato Brunetta – introduce le nuove regole per sbloccare i concorsi pubblici: le slide di chiarimento pubblicate dalla Funzione Pubblica, nelle quali si annuncia che nella scuola sono circa 91.000 i posti messi bando o da bandire, hanno destato sconcerto. Con i deputati e senatori del M5s subito compatti nel dire ‘no’. Tra coloro che alzano gli scudi contro la modifica di concorsi ordinari, con cancellazione delle prove preselettive e ammissione alla prova scritta previa valutazione di titoli e servizi, si è schierata anche l’ex ministra Lucia Azzolina. In difesa del disegno realizzato Renato Brunetta, invece vi sono altri politici. E anche i sindacati. Non solo le Confederazioni, che nei giorni scorsi avevano speso parole di elogio per gli accordi fatti con lo stesso ministro sulle nuove linee guida della Pa. Tra chi plaude direttamente al disegno del neo titolare del dicastero di Palazzo Vidoni c’è Pino Turi, leader della Uil Scuola.
“È veramente singolare – scrive Turi riferendosi alla contrarietà dei grillini – vedere come una forza politica si faccia interprete delle preoccupazioni dei candidati ai concorsi, che il ministro Brunetta, a giusta ragione, ha cambiato per dare le risposte di interesse pubblico e non privato in base ad un accordo con il sindacato – osserva il segretario generale della Uil Scuola in merito all’interrogazione promossa dai deputati M5S in Commissione Cultura.
Turi sostiene che “il ministro Brunetta – a cui non abbiamo mai risparmiato critiche, commenta Turi – ha il coraggio di invertire la narrazione e dice in chiaro che una prova preselettiva a crocette che ammette ad un concorso che magari dura anni, nella maggiore parte delle volte è completamente stravolto dalla magistratura è un errore e che bisogna cambiare. Il merito è ben altra cosa”.
Turi, dunque, si chiede: “Avere un curriculum, fatto di titoli certificati e di esperienze lavorative, non è di per sé prova di merito? O è merito superare quiz a crocette che lasciano il tempo che trovano?”.
Il segretario della Uil Scuola, quindi, condanna il “precariato che non è limitato ad un solo anno di servizio, ma a decenni”, quindi un sistema di “intere generazioni in attesa, magari quelle stesse che si stanno laureando e che pretendono anche legittimamente, di prenotare un posto nella scuola, senza voler attendere nel turn over che ci sarà nei prossimi anni”.
“Ciò che serve è una programmazione sul reclutamento in base al turn over e sulla base della realtà. Bene fa Brunetta – sostiene il sindacalista Uil – e dire ciò che molti pensano e che la narrazione orientata al politicamente corretto sta imponendo come un dogma che sta portando il paese in un degrado continuo”.
In conclusione, secondo Turi “il metodo Brunetta è da condividere, con le dovute differenze e specificazioni, anche nella scuola altrimenti il prossimo anno si aprirà con un esercito di precari che saranno reclutati a dicembre per buona pace di tutti coloro che volevano recuperare una decina di giorni a giugno”.
Il numero uno della Uil Scuola, quindi, lascia intendere che i concorsi ordinari si possano attuare esattamente come il ministro Renato Brunetta ha dichiarato in un’intervista al Messaggero: nel volgere di tre-quattro mesi dall’uscita dal bando.
Quello di concludere di concludere i concorsi in soli 120 giorni, infatti, sarebbe l’unico modo per portare in cattedra i vincitori con l’inizio del prossimo anno scolastico: un arco di tempo davvero ristretto, durante il quale si dovrebbe svolgere anche la prova scritta e l’eventuale verifica orale prevista dalla riforma Brunetta.
A meno che il sindacalista della Uil non intenda bypassare anche queste prove, oltre le preselettive, passando direttamente alla formazione delle graduatorie: una soluzione che, però, sarebbe un bel po’ diversa da quanto previsto dall’articolo 10 del dl 44.
Una soluzione, invece, molto più simile al disegno di legge promosso dalla Lega, a prima firma del vicepresidente leghista della Commissione Cultura del Senato Mario Pittoni, che porterebbe in ruolo tutti coloro che hanno svolto 36 mesi di servizio, con eventuale abilitazione da prendere nell’anno di prova.
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