Non c’è un vincitore assoluto, almeno per il momento, nella “partita” sul reclutamento dei docenti che si sta giocando da settimane tra i due partiti di governo M5s e Lega. La soluzione trovata con il testo incluso nel Recovery plan avalla il processo di semplificazione delle assunzioni nella PA introdotto prima di Pasqua del ministro per la PA Renato Brunetta, ponendosi quasi a metà tra le due prospettate sino ad oggi.
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Non si procede con il concorso a cattedra, come indicato dai grillini. Ma nemmeno con una selezione esclusivamente per titoli e servizi, come chiesto dall’80% dei 4 mila lettori che hanno partecipato al sondaggio della Tecnica della Scuola, oltre che prospettato dai rappresentanti del Carroccio. Certo, “ai punti” il partito guidato da Matteo Salvini si potrebbe ritenere più soddisfatto, considerando che si stanno creando le basi per un maxi concorso riservato ai precari storici, seppure non con quella procedura automatica che i leghisti hanno chiesto dalla scorsa estate con il ddl a prima firma del senatore Mario Pittoni.
È probabile che la soluzione a metà strada sia stata escogitata dal ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi. Anche perché il professore, titolare del Mi con l’insediamento del governo Draghi, ha mantenuto la delega sul reclutamento.
La “sintesi” è arrivata
E non è un caso che sempre Patrizio Bianchi nei giorni scorsi aveva chiesto una “sintesi politica”, all’indomani della diatriba avviata, a colpi di comunicati, dai due sottosegretari, Barbara Floridia (M5s) e Rossano Sasso (Lega), con dichiarazioni sempre più contrapposte su come affrontare l’emergenza supplenti.
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Per saperne di più bisognerà attendere almeno quale giorno, ma di certo quello che si sta prospettando è un modello di reclutamento molto diverso da quello che il primo partito di governo ha sempre chiesto. Alla fine, l’impressione è che i grillini abbiano perso la loro battaglia sul reclutamento, tutta incentrata sul merito e le prove selettive classiche. Presto capiremo se lo “strappo” sarà riparabile.