“Considero l’operazione estremamente positiva. Quando io bandii un concorso analogo, mi dovetti scontrare con un atteggiamento generale di profonda ostilità; da tempo, infatti, era invalsa la prassi di sistemare i docenti ope legis; ovvero, attraverso una serie di meccanismi burocratico-legislativi che prescindevano dalla verifica della loro effettiva preparazione” è quanto dice Luigi Berlinguer, che fu l’ultimo ministro dell’Istruzione a bandire, nel ’99, un concorso nazionale.
In questo modo si crea un ponte temporale della lunghezza di tredici anni, le cui fondamenta sono basate sul consenso riguardante le scelte delle strategie selettive, utili per immettere migliaia di docenti nei ruoli della scuola pubblica. Luigi Berlinguer in una intervista continua dicendo che le modalità tradizionali non sempre sono in grado di verificare pienamente le capacità del docente.
Specie se consideriamo il fatto che, oggi, l’insegnante si trova di fronte ad un corpo studentesco sempre più eterogeneo. In questo senso vanno considerate le innovazioni procedurali probabilmente introdotte in quest’ultimo concorso, a cominciare dalle competenze informatiche e dalla conoscenza di una lingua straniera a scelta, per finire alla lezione simulata, della durata di 30 minuti su un argomento sorteggiato per ogni singolo candidato tre giorni prima alla prova.
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