Concorso, coro di richieste al Miur: i quesiti vanno pubblicati completi
Non è solo La Tecnica della Scuola, oggi tornata a chiedere di rendere pubblici i 3.500 quesiti, comprensivi delle risposte corrette e errate, che verranno somministrati a metà dicembre in occasione della preselezione del concorso a cattedra. Nella giornata del 30 novembre si sono accavallati diversi altri appelli. Tutti con un unico destinatario: il Miur.
Ad iniziare dall’Anief, che ha inviato una richiesta ufficiale al Ministero “per ottenere l’intera batteria dei test e le relative risposte corrette per le preselezioni del concorso a cattedra”. L’organizzazione guidata da Marcello Pacifico ha sottolineato che “non solo è pochissimo il tempo prima delle preselezioni, ma soprattutto sono troppo numerosi i problemi legati alla scelta del Miur di far conoscere ai candidati i 3.500 quiz della prova preselettiva e le risposte esatte esclusivamente attraverso l’esercitatore on line”. Per poi chiudere con una sorta di monito: “visto che in rete già circolano versioni ‘ufficiose’ della batteria completa dei quiz e delle risposte, Anief ritiene che sia un preciso dovere del Ministero fornire quella ufficiale”.
A chiedere trasparenza totale sui quesiti sono state anche i sindacati che siedono al tavolo delle trattative. Prima lo hanno detto a chiare lettere nel corso di un incontro tenuto al Miur il 29 e novembre. E poi hanno deciso di prendere posizione ufficiale con un comunicato inequivocabile, attraverso cui contestano duramente “questo atteggiamento che vorrebbe imporre ai candidati, già sottoposti a complicate procedure, anche le modalità con le quali prepararsi alla prova”.
Il caso ha fatto così tanto clamore da essere arrivato anche nei palazzi parlamentari. Tra più duri contro la decisione del Miur si pongono Aldo Di Biagio, Fabio Granata e Luigi Muro, deputati di Futuro e Libertà: “il Ministro Profumo ci fornisca chiarimenti sui 3500 test presenti sul simulatore on line del MIUR, che sembrano più il frutto di una mente diabolica che uno strumento di prova”. Secondo i rappresentanti di Fli, “più che accertare le competenze in ingresso degli aspiranti docenti, i test, come è accaduto per il TFA ordinario, sono un vero e proprio terno al lotto che mette a dura prova la capacità di sopportazione di un comparto già duramente provato. La scuola ha bisogno di insegnanti validi e non certamente di robot”.