Le sentenze si rispettano, ma si possono esprimere considerazioni su esse e su ciò che determinano.
In questo periodo storico spesso sembra che oltre la pandemia del conoravirus, ci sia la pandemia di principi, norme, regole scritte e non scritte che suscitano l’impressione di una tendenza a stravolgere con disinvoltura il dettato Costituzionale, con grave danno alla società democratica.
Si avverte spesso la prevalenza di soggettiva discrezionalità che attuata dall’uomo, dice Popper, si avvicina al vero se si propone col dubbio.
Premetto che non sono un giudice, né un avvocato, per cui in nessun modo intendo sindacare competenze e professionalità degli esperti nel settore. Sono solo un ex preside, ancora in campo, che per i vari incarichi ricoperti ha qualche esperienza di ratio giuridica di una norma e di lettura di altre disposizioni di natura giuridica.
Sono pure un uomo, diciamo libero pensatore, che avverte l’esigenza nel dire la sua, di cercare di non essere di parte.
Nel caso dei risvolti della sentenza del Consiglio di Stato di cui sopra, penso che qualcosa vada detto.
La sentenza cassa quella del Tar che annullava il concorso e dà piena ragione giuridica al Ministero dell’Istruzione avallando in toto atti compiuti, riconoscendo disposizioni di legge attuate e quant’altro già fatto.
Orbene mi sorge spontaneamente l’impressione che l’Amministrazione abbia considerato la sospensiva come una sentenza definitiva e non come un’ ordinanza provvisoria per gli atti indifferibili, a tutela degli interessi generali.
Ha nominato vincitori di concorso con riserva e no, ha sollecitato ed ottenuto disposizioni de legge modificative del risultato del concorso ancora in stato di annullamento, ed altro al riguardo, dando l’impressione dal 12 luglio 2019, momento della sospensiva, di aver colto il risultato finale.
A molti è sembrato cosi.
D’altra parte la sentenza, pur espressa dopo lunga riflessione, per casuale coincidenza, non delude le aspettative dell’Amministrazione.
In alcune parti si ha pure la sensazione di quasi un rimprovero a qualche legale, rilevando qualche trascuratezza nei ricorsi. E’ così?
Sembra, ho voluto evidenziarlo.
Sta di fatto che alla fine,dopo l’ammissione agli esami, sempre per sentenza, anche di coloro che non avevano superato le prove preselettive, certo con motivazioni giuridiche, valutato il tutto nel complesso, sorgono perplessità.
Alla fine restano fuori diversi candidati, non ammessi alla prova orale, per i quali sono rimasti aspetti non chiari della procedura concorsuale in esame di indagine penale, per i quali l’Amministrazione, dopo quanto su evidenziato, non può trascurare la possibilità di assicurare ulteriori disposizioni che determinino un esito finale complessivamente equo.
Voglio finire con Umberto Eco che propone un racconto attribuito a Beckett, da leggere con attenzione e da cui nasce la famosa espressione “Ci deve pur essere un giudice a Berlino”.
Giovanni Torrisi