Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto scuola, la legge n. 159 del 20 dicembre 2019, diventa ufficiale l’avvio dell’iter che porterà, entro il 2020, a bandire il concorso ordinario per gli insegnanti precari di religione, previa specifica intesa con il Presidente della Conferenza Episcopale Italiana.
La mancata approvazione del concorso straordinario continua a tenere sulle spine tantissimi supplenti storici di religione cattolica: la riserva della metà dei posti messi a concorso, servirà infatti a stabilizzare non più di 3 mila precari di lungo corso.
Il sindacato Snadir parla di “ennesima ingiusta azione politica che ha deliberatamente ignorato e aggirato un problema reale” e che costringerà “molti insegnanti di religione ad affrontare una condizione di grave incertezza, avvilente e deficitaria”.
Di fronte a tale ingiustizia, lo Snadir conferma che proporrà “iniziative per la tutela dei precari, sia presso i tribunali interni che presso le corti europee per la tutela del principio di uguaglianza e non discriminazione tutelati dalla nostra carta costituzionale, dalla carta di Nizza e dalla clausola 4 della direttiva 1999/70”.
Ma nelle ultime ore dell’anno lo Snadir ha preso anche un’altra iniziativa: quella di inviare una lettera pubblica al presidente della Commissione Episcopale per l’educazione cattolica, la scuola e l’università, monsignor Mariano Crociata, e ai componenti della commissione episcopale scuola della Cei.
Il sindacato spiega che queste “secondo concorso per gli insegnanti di religione arriva a circa sedici anni di distanza dal primo, nonostante l’impegno assunto dallo Stato di bandire i concorsi con frequenza triennale”. Inoltre, con “l’emendamento Toccafondi (art.1-bis), molti docenti precari rischiano di trovarsi a breve senza più la cattedra fino ad oggi occupata per anni o decenni”.
“L’inadempienza dello Stato – scrive Orazio Ruscica, segretario nazionale Snadir – ricadrà sugli incolpevoli insegnanti di religione che saranno sottoposti a un concorso ordinario selettivo, che sa di azione di “svecchiamento” per chi ha insegnato religione, da precario, nella scuola di Stato”.
Eppure “la soluzione sembrava a portata di mano: la nostra organizzazione sindacale (che conta circa 10.000 iscritti, circa la metà di tutti gli insegnanti di religione in servizio), forte della rappresentatività determinata dall’adesione degli insegnanti di religione cattolica, aveva intessuto rapporti con i vertici nazionali di tutte le Organizzazioni Sindacali della scuola, anche con quelle ostili (un tempo) alla presenza dell’insegnamento della religione nella scuola statale. Un risultato di grande importanza e significato. Si era arrivati alla sottoscrizione di un documento congiunto tra Fgu-SNADIR, CISL Scuola, CGIL FLC e UIL RUA scuola (vedasi l’incontro del 4 giugno sorso tra le predette organizzazioni sindacali e il direttore del Servizio Nazionale IRC) che prospettava “due specifiche procedure di reclutamento, una di carattere ordinario, l’altra di natura riservata rivolta al personale docente che abbia svolto almeno 36 mesi di insegnamento, prevedendo anche la possibilità dello scorrimento degli elenchi del concorso 2004 in quelle regioni in cui vige ancora la graduatoria di merito”.
Il riservato è saltato e ora, continua Ruscica, se quello “ordinario selettivo produrrà licenziamenti chi ne assumerà la responsabilità? Sarebbe probabilmente la prima volta nella storia della scuola italiana che si interviene sulla problematica lavorativa per licenziare i precari e non per assumerli. È già avvenuto in qualche diocesi in occasione del concorso del 2004”, a dire il vero.
Per questo, sarà “responsabilità dei Vescovi e degli organi competenti seguire con attenzione l’evoluzione in atto”.
Ruscica, inoltre, si “meraviglia che gli esponenti politici estensori dei vari emendamenti al decreto scuola non abbiamo cercato un confronto con il Servizio Nazionale IRC sulla materia. Ma se, al contrario, tale confronto si è attuato, perché mai è prevalso il concorso ordinario selettivo”.
Lo Snadir torna quindi a ricordare che estendere “la soglia degli organici di ruolo dall’attuale 70% (Legge n. 186/2003) ad almeno l’80% in un biennio avrebbe dato il pane della stabilità lavorativa ad altre persone. Anche in considerazione di tale possibilità abbiamo presentato dati e statistiche per evidenziare il carattere risolutivo del precariato che una modifica anche solo parziale degli organici avrebbe determinato. Anche su questa prospettiva non si sono evidenziati margini di confronto”.
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