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Concorso, dietro ai ritardi pure il timore dei ricorsi a raffica e l’incognita dei posti occupati

Ci sarebbero anche il timore dei ricorsi a raffica e l’incognita della nuova mobilità a frenare l’uscita del nuovo bando di concorso per 63.712 nuovi docenti.

A sostenerlo è Repubblica.it, che ha fatto un’analisi dei motivi dell’ennesimo slittamento della procedura concorsuale il cui bando, secondo la Legge 107/15, sarebbe dovuto uscire entro il 1° dicembre scorso.

La testata giornalista nazionale ritiene che tra i vari motivi del ritardo, oltre alla mancata approvazione da parte del Consiglio dei ministri del nuovo regolamento delle classi di concorso, vi “sarebbero anche due problemi politici”. A partire dai mal di pancia degli abilitati tenuti esclusi dalle GaE e dei vincitori-idonei del concorso del 2012, che potrebbero presto ritrovarsi con un pugno di mosche in mano, senza essere mai stati assunti a tempo indeterminato.

 “Il primo – si legge nel sito internet – riguarda gli scontenti lasciati fuori dal Piano straordinario di assunzioni previsto dalla Buona scuola: gli abilitati di seconda fascia che hanno gradito poco l’idea di doversi mettere nuovamente a studiare dopo anni e anni di supplenze per affrontare l’ennesimo concorso e gli idonei all’ultimo concorso. I primi –  circa 25mila, in tutto –  hanno almeno tre anni di supplenze alle spalle e per la sentenza della Corte di giustizia europea, che poco più di un anno fa ha condannato il nostro paese per abuso di precariato nella scuola, andrebbero assunti. I secondi considerano il nuovo concorso una iattura perché nel momento in cui si approveranno le graduatorie del concorso 2016/2018 decadranno automaticamente”.

Insomma, il timore di alimentare ulteriormente il ricorsificio già più che avviato, da parte dei precari sostenuti da associazioni e sindacati, non sarebbe marginale. Perché alla tentazione di giocarsi la partita dell’immissione in ruolo in tribunale, piuttosto che nelle aule scolastiche per essere giudicato, potrebbe cedere in molti.

 

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Ma, come dicevamo, c’è dell’altro. Perché il “concorsone” stavolta “si incrocia con la mobilità straordinaria – i trasferimenti  – che quest’anno riguarderà tutti i posti liberi, compresi quelli del potenziamento. Una eventualità – continua Repubblica.it – che potrebbe saturare tutte le cattedre lasciate libere dai pensionamenti al Sud, dove aspirano a tornare migliaia di docenti che negli anni scorsi si sono sobbarcati l’onere di una trasferta costosa e faticosa pur di entrare di ruolo. Ma che adesso hanno l’occasione di fare ritorno in patria. In questo caso, nelle regioni meridionali resterebbero pochissime cattedre da mettere a concorso e moltissimi scontenti, con la prospettiva di un nuovo esodo Sud-Nord per il concorso”.

È difficile non essere d’accordo. Al Sud, infatti, dove già oggi vi sono meno posti e dopo i trasferimenti di quest’anno ne potrebbero rimanere davvero pochissimi, c’è il rischio concreto che tanti vincitori del concorso possano avere più di una difficoltà ad essere assunti. E se queste difficoltà non dovessero essere risolte nel volgere di un triennio, l’aver vinto il concorso si trasformerebbe in una beffa. Perché al subentrare dei nuovi vincitori, la loro posizione, con il diritto al ruolo, decadrebbe. E allora, viene da chiedersi, a cosa sarebbe servito selezionarli?

 

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Alessandro Giuliani

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