Stessi requisiti d’accesso, stesso iter e unica novità per i “quasi vincitori”, introdotta peraltro dall’ex Ministro Carrozza, un successivo corso-concorso della durata di sei mesi con formazione in aula e tirocinio, prova scritta intermedia e prova orale finale.
Eppure i nuovi “managers” si troveranno a dirigere la buona scuola e non quella che da quasi 20 anni a questa parte conosciamo, ovvero la scuola della cd autonomia. Autonomia che – a dire il vero – è rimasta sempre un proposito o un vuoto esercizio di retorica considerando la limitatissima portata reale.
A questo punto una riflessione è d’obbligo se chi ha intenzione di rivoluzionare la scuola ha pensato non fosse necessario cambiare nulla quanto a modalità di reclutamento per diventare un nuovo dirigente.
Vero è che il Ds del futuro dovrà avere a che fare con un mondo della scuola fatto di 150.000 nuovi docenti pronti a essere immessi in ruolo e inquadrati per la maggior parte nel nuovo organico funzionale.
Non solo, ma in cantiere da quel che si sente, vi sono tante novità in campo normativo che riguardano il pianeta scuola relativamente all’inquadramento dello status di docente e gli avanzamenti di carriera economica (e forse anche professionale) per merito, l’alternanza scuola lavoro e più in generale un “nuovo diritto del lavoro” da applicare agli impiegati pubblici. Pertanto, a meno di non dover pensare per i neo dirigenti che una volta reclutati impareranno sul campo le novità, learning by doing direbbero gli inglesi, ovvero impareranno con l’operare, è evidente che i criteri di reclutamento avrebbero dovuto essere diversi.
Ovviamente è facile obiettare che sino a questo momento nulla è cambiato e dovendo reclutare del personale non si potevano stabilire criteri diversi dai precedenti essendo rimaste immutate le mansioni.
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Fermo restando che già qualche riserva è stata espressa anche da chi scrive sui criteri passati tanto che lo stesso ex Ministro Carrozza, ha pensato giustamente di introdurre un periodo di formazione (corso-concorso presso la Scuola nazionale dell’Amministrazione) prima di assumere i dirigenti, non si può non pensare che la rivoluzione copernicana della scuola rischia di essere minata alla sua base perché i nuovi colonnelli (i ds da reclutare) rischiano di avere solo le stellette e corona turrita. Ed allora perché non attendere prima di bandire il concorso e se ciò non fosse possibile, stabilire che il nuovo reclutamento dei Ds passi attraverso un sistema democratico di elezione.
Quale giudice migliore per stabilire il Ds più capace potrebbe essere se non chi opera all’interno della scuola e sta per affrontare le nuove dinamiche che il governo Renzi da tempo promette e fa sentire come imminenti? Il preside elettivo, in questa congiuntura, potrebbe essere la figura più al passo con i tempi. Un Preside uscito da un vecchio concorso, avrebbe bisogno di tanta aggiornamento obbligatorio, più di quello a cui per stare al passo con l’Europa, sono costretti i liberi professionisti. Del resto in Germania (ne abbiamo già scritto qualche tempo fa) il preside elettivo è una realtà. In Italia, potrebbe esserlo, anche se, a parere di chi scrive, un concorso per merito a condizione di cambiare i requisiti d’accesso non sarebbe una cattiva idea.
Negli enti locali per fare un esempio, non basta avere retto per 5 anni l’ufficio tecnico di un comune per partecipare ad un concorso per diventare segretario comunale o direttore generale. Al concorso si partecipa anche senza avere esperienza ma con una laurea idonea alle mansioni. Nella scuola invece il concorso a Ds è aperto a tutti quelli che in possesso di una qualsiasi laurea, non sono precari e hanno insegnato almeno 5 anni.
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