Come noto, la validità della procedura concorsuale per il reclutamento di Dirigenti Scolastici è attualmente soggiacente alla pronuncia del Consiglio di Stato, differita al prossimo 12 marzo, momento in cui la riespansione delle doglianze assorbite dalla sentenza “breve” del primo Giudice ne potrebbe confermare l’illegittimità, comportando de iure anche la nullità dei contratti sottoscritti.
Attualmente, i riflettori sono puntati soprattutto sulla presunta la violazione dell’anonimato che contrasta in radice il principio costituzionale di uguaglianza, di buon andamento e imparzialità, assunti come argine per prevenire i fenomeni di corruzione e di illegalità. Pari rilevanza assume la questione del malfunzionamento tecnico-informatico che avrebbe alterato la valutazione degli esiti prestazionali dei candidati, determinandone ingiustamente l’esclusione.
L’udienza relativa al codice sorgente, prevista per il prossimo 10 ottobre, sarà a tal fine determinante e, nel contempo, consentirà di comprendere l’orientamento degli Organi giurisdizionali. Rammentiamo che con la sentenza n. 7333, pubblicata il 6 giugno 2019, il T.A.R. Lazio si è già pronunciato positivamente, ritenendo fondato il diritto dei ricorrenti di esaminare il codice che ha gestito e generato il software relativo allo svolgimento della prova scritta.
La premessa si rende necessaria in quanto il diritto di accesso, o meglio la sua negazione, costituisce un vero e proprio vulnus al principio di trasparenza e di legalità. Non vorremmo che si reiterasse quanto già accaduto in merito alle legittime richieste di accesso alle prove dei vincitori con riserva.
In tale circostanza, infatti, il MIUR ha dapprima omesso di rispondere, poi, successivamente, ha invocato l’eccezione onde non sono ammesse istanze “[…] preordinate ad un controllo generalizzato dell’operato delle pubbliche amministrazioni” (art. 24, c, 3., L.241-1990).
A ben vedere, si tratta di un’ingannevole equivocazione della norma in parola, come rappresentato anche nella menzionata sentenza, nel punto in cui si sottolinea che il MIUR “[…] non ha concesso l’ostensione dei documenti richiesti fornendo una risposta non pertinente”. Aggiungasi che solo il 26 settembre è stata resa nota la graduatoria finale con punteggio analitico (comprensivo di voto prova scritta, voto prova orale, voto titoli), atto evidentemente presupposto al momento della formazione della stessa lo scorso 01-08-2019. Si ricordi che a tal data, l’Amministrazione si è limitata, invece, a pubblicare esclusivamente il punteggio globale. Il culmine di questa vicenda assurda è stato raggiunto il 04-10-2019, quando attraverso il sistema POLIS, il MIUR, contravvenendo di nuovo al dettato normativo, ha “concesso” agli istanti un campione anonimo di 50 prove, comprensivo di schede di valutazione e verbale di correzione, invocando un insussistente “criterio di ragionevolezza” nel ponderare “l’interesse privato con quello pubblico”.
Tralasciamo, per esigenza di brevità, le altre questioni, ampliamente note al contesto attoriale e limitiamoci ad immaginare quale sarebbe la condotta di un imputato che, rischiando l’ergastolo, fosse in possesso di prove documentali atte a dimostrare inconfutabilmente la propria innocenza: non le userebbe forse a sua discolpa, rendendole immediatamente pubbliche?
È ipotizzabile che costui rinunci alla propria libertà, secretando prove che convincerebbero immediatamente il giudice in merito alla sua estraneità ai fatti? In merito alla questione del codice sorgente, non essendo ipotizzabile l’ignoranza dell’Amministrazione resistente, in presenza di un rapporto di “strumentalità” tra la posizione soggettiva degli istanti e la documentazione richiesta, l’aspettativa è che se garantisca ostensibilità.
Quanto al ruolo assunto del CINECA, è stato chiarito che non si tratta di un controinteressato in senso tecnico nel giudizio, mentre sono “interessati” quanti, indipendentemente dalla posizione soggettiva, intendano verificare eventuali malfunzionamenti dell’applicativo utilizzato.
Infatti, leggiamo nella citata sentenza che “il carattere informatico del file e del relativo algoritmo non fa venire meno la pretesa di parte ricorrente […] mentre non si ritiene che il pregiudizio allegato dalla parte resistente in ordine alla futura utilizzabilità del codice costituisca un parametro di riferimento per la valutazione della richiesta di accesso”.
Ci siamo già pronunciati – con il supporto di una costante giurisprudenza – sull’assoluta inidoneità del predetto dispositivo a garantire la correttezza procedurale, come peraltro dimostrato dal clamoroso revirement concernente il concorso per il reclutamento di D.S.G.A. La decisione di trasmettere per via telematica le prove d’esame si radica proprio nell’evidente finalità di eludere le censure dedotte dalla fallacia del codice sorgente e, con esse, il relativo contenzioso (si veda in proposito la Nota del 2-10-2019). Ci preme in tal sede ribadire, in attesa dell’imminente udienza relativa, che è proprio l’informatizzazione dei procedimenti a garantire la piena tracciabilità e trasparenza degli atti connessi, riducendosi con co-varianza prossima allo zero, il rischio di interferenza prodotto da fattori valutativi discrezionali. L’aspettativa è dunque che il prossimo 10 ottobre il Consiglio di Stato rigetti l’appello del MIUR e consenta l’accesso al codice sorgente che, infatti, permetterebbe l’esame del materiale informatico e dei dispositivi utilizzati per la preparazione, la gestione, il controllo, la verifica e la chiusura di tutte le operazioni concorsuali. Sarebbe un segnale concreto della volontà di ripristinare l’effettività dei canoni di giustizia, risanandosi nel contempo anche l’immagine di un’Amministrazione attualmente piagata dalla preminenza di interessi fin troppo privatistici.
Comitato “Trasparenza è Partecipazione”