Egregio Presidente della Repubblica,
chi Le scrive è un piccolo gruppo degli oltre 3000 docenti che ha superato la procedura concorsuale per i Dirigenti Scolastici e che sa di interloquire con un uomo di Scuola.
Non riteniamo opportuno dilungarci su fatti personali e soggettivi, elencandole i sacrifici sostenuti negli anni di studio, le rinunce e le privazioni di cui abbiamo sofferto e in cui abbiamo coinvolto le nostre famiglie, gli affetti, senza peraltro mai venir meno al senso del dovere nello svolgere quotidianamente il nostro lavoro nella Scuola, un servizio in cui crediamo fermamente per la nevralgica funzione che svolge, in un momento storico in cui messaggi valoriali e relazionali positivi e costruttivi sembrano contaminati dal clima di diffidenza e arroganza, in cui si deve attaccare per non soccombere, in cui chi prevarica vince.
Non staremo qui neanche a raccontarle l’impegno economico sostenuto per l’acquisto di testi, per la partecipazione a corsi di formazione, per gli spostamenti presso le sedi di svolgimento delle prove, spesso situate in luoghi molto lontani da quelli in cui risiediamo.
Animati dalla positiva speranza di chi crede che la Scuola possa cambiare il mondo, offrendo modelli virtuosi e ispirati alla correttezza e al rispetto delle regole, ci siamo sacrificati con decisa convinzione ed entusiastica determinazione, certi che l’investimento potesse rendere un servizio alle generazioni verdi del Paese.
Di questo Paese Lei è Capo, della nostra Costituzione e dei diritti di ogni cittadino è garante. Il suo intervento, ora, invochiamo non solo per il diritto di tutti alla chiarezza e alla piena conoscenza dei fatti occorsi, ma per una positiva soluzione di una vicenda che di ora in ora assume, complice lo scandalismo mediatico di certa stampa scorretta e di parte, contorni sempre più torbidi e inquietanti.
Egregio Presidente della Repubblica, veniamo alla questione: qual è la nostra colpa? Qual è la colpa di tutti coloro che hanno superato le tre fasi del percorso concorsuale con onestà e nella certezza di stare alle regole? Qual è la colpa di chi ha creduto nella correttezza e trasparenza della procedura?
Il 2 Luglio 2019 il Tribunale Amministrativo del Lazio, sulla base della presunta incompatibilità di tre membri di Commissione ha sentenziato, con singolare urgenza e tempismo, l’annullamento di un concorso nazionale con conseguenze gravissime, oltre che per l’erario, per l’avvio del prossimo anno scolastico sul quale potrebbero gravare un numero di reggenze insostenibili, anche a dire dei sindacati e delle associazioni di categoria, che si stanno pubblicamente schierando in favore della procedura.
Le chiediamo, a questo punto, perché spetta a noi pagare gli eventuali errori commessi da chi doveva garantire la correttezza dell’iter concorsuale, ammesso che non lo abbia fatto. Che ne deve essere dei circa 3000 neo-dirigenti che hanno acquisito un diritto soggettivo da tutelare, avendo superato un concorso tanto complesso, dimostrando conoscenze e competenze che altri tentano artatamente di vanificare in nome di una ripartenza che livella tutto verso il basso, seguendo la logica egoistica e presuntuosa – salvi i casi di oggettivi motivi di doglianza – per la quale l’inadeguatezza di chi non ce l’ha fatta va scontata da chi invece è risultato idoneo al ruolo.
Le chiediamo: possiamo accettare tutto ciò senza aver commesso alcuna irregolarità e soprattutto dopo aver sostenuto tutte le prove, dalla preselettiva allo scritto, fino all’orale al cospetto di una Commissione cui siamo stati affidati algoritmicamente in nome di quella oggettività ed imparzialità che dovevano essere il punto di forza di questo concorso.
Sicuramente Lei Presidente, uomo sensibile ed attento, può capire il disorientamento, la frustrazione e il senso di amara impotenza che ci colpisce adesso e che sedimenta nel nostro animo.
Come ci comporteremo a settembre, quando, se tale annullamento dovesse essere confermato dal Consiglio di Stato, torneremo dai nostri studenti da onesti vincitori dimenticati da quello stesso Stato che li ha cercati, selezionati ed ora abbandonati alla burocrazia amministrativa e al mercato forense?
Con che animo dovremo raccontare loro che lo studio, l’impegno, la correttezza, la lealtà che ci sforziamo di insegnare quotidianamente con l’esempio e che abbiamo assunto a paradigma etico, nello svolgimento del concorso, non ci hanno permesso di raggiungere quei risultati che invece incoraggiamo a inseguire e perseguire con fiducia e forza di volontà.
Egregio Presidente, non possiamo tacere il clima di astio, di rivalità di diffidenza e offesa che si sta alimentando tra gli idonei e coloro che non hanno superato le prove. Noi dovremmo essere tutti membri di una “comunità educante” che si cerca in ogni modo di edificare e che, vicende torbide come questa affondano e demoliscono dalle fondamenta.
Se può, per favore, intervenga, poiché solo un atto di giustizia e ragionevolezza potrà riportare serenità ed equilibrio tra i candidati idonei ed allentare questa spirale degenerativa e di incertezze che ci attanaglia e che soffoca le nostre legittime aspettative.
Certi della fiducia nelle istituzioni dello Stato che quotidianamente serviamo con sincera dedizione.
Con osservanza
Annida Pelliccioni/Anna Miracca/ Danilo Vicca/Salvatore Sibilla
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