I lettori ci scrivono

Concorso dirigenti scolastici, c’è ancora bisogno di chiarezza

Scrive Arthur Conan Doyle: “The smallest thing can be the most important” e, in effetti, l’intero impianto del Concorso DS è crollato su un vizio di forma: l’unico motivo di ricorso accettato dai giudici è stato quello dell’incompatibilità dei commissari e nella sentenza si legge che“ con ogni evidenza nel consesso figuravano componenti che versavano in una condizione di incompatibilità e/o erano in conflitto di interessi, sicché non avrebbero potuto essere destinatari di alcuna nomina”.

In che senso erano in conflitto di interessi? O forse addirittura di ruoli?

E’ emerso che alcuni commissari sono formatori per conto di soggetti terzi e che si erano appunto prodigati anche nei corsi di formazione per l’attuale concorso.

Il presidente dell’ANP ritiene che questo non sia poi un fatto così grave e che la motivazione accettata nel ricorso sia piuttosto debole.

Ma come? Non è chiaro il paradosso?

La situazione ricorda la crociata albigese contro i catari: “Tuez-les tous, Dieu reconnaitra les siens!” disse l’abate Amaury e dunque: “Correggeteli tutti, riconosceremo i nostri”.

Una situazione sporca, pasticciata, ingarbugliata. Una situazione che tuona contro i principi di imparzialità e trasparenza. Una motivazione debole?

E chi non avesse risposto a pappagallo come un cagnolino addestrato? Chi avesse studiato su testi altri?

E infine, chi avesse osato pensare e rielaborare i contenuti con la propria testa ignaro  che la commissione cercava invece di individuare risposte preconfezionate?

Non si tratta dunque di una banale smallest thing, di una condizione trascurabile!

Questa considerazione dovrebbe essere sufficiente a produrre un mea culpa del Ministero e dovrebbe ricordare a chi dirige che esiste una culpa in eligendo alla quale  non ci si può sottrarre.

Il debole motivo ha dunque fatto strike, i birilli sono caduti, uno dopo l’altro, dopo una lunga ed estenuante battaglia: la sete viene momentaneamente placata ma la verità va cercata, ancora, perché la sentenza offre una speranza ma non garantisce una certezza.

Il TAR ha sorpreso tutti ma è presto per gioire o per soffrire: la sentenza non è ancora passata “in giudicato” e bisogna attendere la mossa del MIUR che ha già annunciato il suo ricorso in appello. Occorrerebbe, per sopravvivere a questo luglio caldissimo, astenersi dal commentare sui social, ormai è inutile e le ore a venire sono soltanto ore d’attesa: chi vincerà il secondo grado di giudizio?

E se il Consiglio di Stato confermasse il giudizio del primo grado, chi risarcirà i vincitori?

Ad oggi la sentenza emessa dal TAR è storica e dimostra la neutralità del potere giudiziario: un buon risultato se si considera che, dal 1861, l’Italia naviga tra compromessi, patteggiamenti, corruzione.

Un buon risultato per chi è stato penalizzato da un concorso che non ha garantito la trasparenza.

Tuttavia il risultato dei ricorrenti è parziale perché nulla è stato detto riguardo l’anonimato, la correzione, la discrezionalità emersa dalle diverse commissioni, il software utilizzato, la non unicità della prova.

I motivi di ricorso respinti sono tanti, troppi e c’è ancora bisogno di chiarezza per  tutti:  vincitori e vinti.

 

      Alessandra Giordano

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