Chi ha vinto dopo la sentenza del Tar Lazio? E’ questa la domanda del giorno. In attesa del pronunciamento del CdS, si susseguono i commenti, sia di natura giuridica che politica, sulla vicenda del concorso a preside, annullato dal Tar Lazio.
Alle dichiarazioni ufficiali si aggiungono, ora dopo ora, i dubbi dei diretti interessati, che sono poi le perplessità dell’opinione pubblica, disorientata da una sentenza ritenuta da molti “paradossale”, perché annulla un concorso nazionale per un presunto vizio di forma.
La sottoscritta vorrebbe esprimere delle considerazione su taluni aspetti di questa vicenda, come cittadina di buon senso e come giornalista, prima ancora che come candidata idonea.
Mi riferisco ai cittadini onesti. Quelli che domani, quando decideranno di partecipare a un concorso pubblico, dovranno fare, a questo punto, gli scongiuri, augurandosi che nella commissione esaminatrice non ci sia un commissario incompatibile, che possa vanificare in un attimo tutta la sua fatica.
D’altronde, a quale titolo, e con quali mezzi, un candidato può pretendere questo controllo preventivo sui suoi esaminatori quando partecipa ad un concorso?
E poi, diciamolo, una certa sfiducia anche verso la giustizia, che talvolta dà al cittadino l’impressione di usare pesi e misure diversi nell’applicazione della legge. Quanto è giusta, ci si chiede in tanti, una magistratura che, dinanzi a gravi irregolarità, come quelle denunciate in Calabria nel 2011 da candidati e dalle stesse forze dell’Ordine rigetta tutti i ricorsi amministrativi e archivia e/o prescrive per scadenza dei termini le denunce penali, mentre oggi è talmente rigida e inflessibile da mandare all’aria una procedura nazionale per un presunto vizio formale di cui nessun candidato ha colpa?
Tutto questo fino alla pubblicazione del famoso listone. Dopodiché la musica cambiava. Nei vari forum del concorso, tutti (o quasi) i non ammessi giuravano, ora, di aver fatto ottime prove, valutate male e in modo iniquo dalle commissioni. E giù con una valanga di insulti e calunnie contro gli idonei, tutti quanti accusati di essere raccomandati, imbroglioni, truffatori, e compagnia bella.
La sottoscritta afferma con orgoglio di aver superato il concorso Ds 2017, dopo aver studiato giorno e notte per un anno, SENZA RACCOMANDAZIONI O AIUTI DI NESSUN TIPO DA PARTE DI NESSUNO. Consapevole di aver superato tre difficili prove concorsuali, con onestà, rispettando le regole, sottoponendosi a dispendiosi viaggi da una parte all’altra dell’Italia, ma sempre continuando a lavorare e a dare il massimo ai suoi studenti. E, come me, sarei pronta a giurare altrettanto per molti miei colleghi, persone di grande serietà e preparazione.
Per questo motivo, io, personalmente – che ho sempre lottato sui giornali contro il sistema delle raccomandazioni – mi sento offesa e oltraggiata da certa stampa, che ha cavalcato uno scoop di infimo livello, basato sul nulla, sproloquiando di “raccomandati e soliti noti” e gettando fango sui sacrifici di tanti professionisti onesti. Noti, si, nel proprio ambiente, ma solo per la loro serietà e devozione al lavoro.
Ho sempre saputo che le inchieste giornalistiche si costruiscono sulla base di fatti, sentenze di tribunali, atti e riscontri concreti. Non sulla base di pettegolezzi da forum.
E non finisce qui. Per rendere il quadretto ancora più fosco e convincere, così, i lettori della cattiva qualità del concorso, alcuni giornali sono arrivati persino a pubblicare post anonimi, in cui i vincitori prendevano a male parole i ricorrenti. Come a voler dire: avete visto come sono indegni questi vincitori? Però, mi chiedo, come mai non sono state mai pubblicate le provocazioni che hanno indotto queste reazioni esasperate? I continui post diffamatori scritti contro gli idonei, perché non sono mai stati riportati da nessuna testata? Post, lo ribadisco, scritti da educatori aspiranti presidi, che insegnano (o dovrebbero insegnare), ai giovani il rispetto degli altri e la capacità di accettare sportivamente e dignitosamente le sconfitte!
In conclusione, la vera domanda, in questo triste momento della P.A., secondo me, non è chi ha vinto. Ma chi ha perso. E su questo, purtroppo, non ci sono dubbi, al netto della filosofia spicciola e dei sentimentalismi socio-politici.
Ad aver perso siamo noi, le migliaia di candidati che dopo aver superato onestamente un concorso, ci vediamo derubati di un anno di vita buttato sui libri e negata la giusta soddisfazione di poter godere il frutto dei nostri sacrifici.
Ma, insieme a noi, hanno perso anche lo Stato di diritto e quanti credono ancora nell’onestà e nella meritocrazia.
Antonella Mongiardo
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