Questa è la cronaca della prova di concorso come ce la racconta il nostro collaboratore Paolo Fasce, insegnante di Genova
Breve relazione sulla mattinata.
C’erano cinque quesiti e due brani in inglese corredati da cinque domande a risposta chiusa ciascuno.
E questo era ben noto.
Ho fatto bene a non portare alcun codice. C’è stato tutto un balletto preliminare, pagine strappate, poi riabilitate, altre parti strappate e poi gettate. Insomma, 70 euro buttati. Ma tanto mica c’era il tempo di approvvigionarsi sul codice! Mi sono evitato quest’ansia preliminare.
Ho scritto tra i quattro e i cinquemila caratteri per ciascun quesito. Uno forse un po’ di più, uno forse un po’ di meno. Ho scritto di getto, senza perdere tempo.
for i=1:5 do “Leggo il quesito, rispondo al quesito”. end for.
Ci ho messo un po’ più di due ore. Poi sono passato ai quesiti in inglese. Brani che mi sono sembrati semplici, ma altri hanno detto che erano difficili (o sono diventato C1 a mia insaputa, oppure loro non sono B2, temo). Credo di avere fatto un buon punteggio in inglese, cosa che mi cautela da possibili valutazioni su quesiti che possono sempre essere giudicati in maniera difforme dalle aspettative. Legittimamente.
Un solo quesito non mi ha dato spazio per dire oltre quello che ho detto (per mia ignoranza, approssimazione nello studio, faciloneria, arteriosclerosi nei dettagli normativi… boh). Per il resto avrei scritto ancora, ma non c’è stato il tempo. Ho avuto il tempo di rileggere (e limare) il primo quesito e parte del secondo, poi è scaduto il tempo (ho pigiato “salva” prima dello scadere del tempo).
Se dovessi scommettere, mi darei per passato, ma naturalmente tutto può essere, anche perché il raziocinio, ora, è annegato in un mare di euforia post esame che presto si trasformerà in prostrazione, e quindi attendiamo con fiducia.
Se perdo, un lavoro ce l’ho. Ed è bellissimo.
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