Cortese redazione,
premesso che sono uno dei “ricorrenti contro lo Stato”, vi scrivo in merito alla questione sollevata dalla presentazione dell’emendamento relativo al concorso dirigenti scolastici del 2017 nel quale si sosteneva la possibilità di istituire un corso riservato e riparatorio per tutti coloro che hanno un contenzioso aperto con lo Stato. Questo emendamento ha causato la reazione di numerosi osservatori, primo fra tutti il giornalista Beltrami del quotidiano “L’Avvenire”.
Condivido le considerazioni sulla necessità di inserire la valutazione e il merito nella scelta della categoria dei docenti e dei dirigenti scolastici. È necessario che si (ri)componga il binomio selezione e merito che troppo spesso nella nostra società è stato declassato a intenzione virtuale da parte dei vari operatori della scuola. E un corso di tal fatta sarebbe avvilente per gli stessi ricorrenti.
Beltrami sottolinea correttamente “quale idea di merito emerge da questa iniziativa? E quale idea di merito possono incarnare questi ipotetici nuovi dirigenti all’interno della scuola?”. È un’ottima osservazione.
Esiste però un vulnus in questo concorso che non può essere sottaciuto se si vuole tener fede a quella idea di merito a cui ci si richiama. Le vicende legali connesse a questo concorso sono purtroppo note e hanno avuto molteplici sviluppi. Ne cito alcune rapidamente:
Mi fermo alle cose essenziali. Altre distorsioni sono conosciute, palesi e pur tuttavia non ho le prove.
Sono certo che nessuno dei critici voglia cedere ad un soggettivismo distorto per cui il merito può valere in una sola direzione ma in nome dei suoi principi credo che ognuno di loro debba, e suppongo voglia, rendere manifesto il merito dove si cela e non arrendersi a considerare le pratiche distorte e colme di improprietà giuridiche come forme garanti di una meritocrazia che è ancora una chimera.
Cordialmente
Rossi Marco Adorno
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