La descrizione che fa degli aspiranti Dirigenti scolastici in un recente articolo apparso su Repubblica mi indigna non poco.
Lei è un fine linguista e sicuramente saprà senz’altro di aver evocato con essa una rappresentazione di questi poveri aspiranti Dirigenti che nemmeno nelle storie più bizzarre troverebbero spazio. Lei sta dicendo, praticamente, o sta facendo credere, che tutti i non ammessi ai ruoli siano una massa amorfa di asini, calcando la mano su alcuni aspetti che, dal mio umile punto di vista, sono secondari.
Come il caso di quel candidato “che si ostinava a parlare di una docente, sebbene nel quesito estratto ci si riferisse a un docente, perché nella sua testa, evidentemente, non riusciva a concepire che nella scuola dell’infanzia potessero insegnare anche uomini.” Spero che Lei non abbia bocciato questo sventurato solo per questo. Me lo auguro. Lei più degli altri dovrebbe sapere che l’uso rende tali le parole; probabilmente, visto che la quasi totalità di educatrici/insegnanti in servizio nell’infanzia è costituita da donne, per assimilazione avrà usato il femminile.
Per quanto riguarda, poi, chi stava lì a gesticolare, visto che in Italia concorsi del genere, se va bene, ne vedi uno ogni dieci anni, e considerato poi che uno ci gioca la vita, forse un pochino di tensione emotiva ci stava. Non era lo studente universitario che, nella sessione d’esame successiva, avrebbe potuto avere una seconda opportunità. Secondo la Sua narrazione, “c’era poi chi non è stato in grado di calcolare una percentuale o una radice quadrata”.
La prego, anche su questo. Si rende conto della vastità quasi assurda del programma di esame? Nei miei momenti di stress, quando prendevo appunti, tutto preso dall’urgenza di ricordare tipologie di leadership, leggi “rilegificate”, riforme a strati per le quali sarebbe stato necessario l’aiuto di un abile ermeneuta o di un fine esegeta (faccia un po’ Lei), le amnesie più elementari hanno preso dimora nella mia mente.. Al di là di ogni cosa, mi sia però consentita un’osservazione: saranno pure importanti le percentuali (ci mancherebbe),
Lei però doveva chiedere della Legge 107 sulla Buona Scuola; del D.lgs. sulla Sicurezza; degli Organi Collegiali; delle organizzazioni complesse; del Management scolastico. Sicuramente lo avrà fatto perché, sa, io posso pur non conoscere il nome dei sette re di Roma, ma questo non è determinante per quello che mi si deve chiedere; altrimenti non se ne esce. Per quanto riguarda il linguaggio “infarcito di un burocratese brancaleonesco o incomprensibile”,
La invito a leggere alcuni dispositivi nell’ambito dell’ordinamento scolastico. Il linguaggio astruso e burocratese è caratteristico, purtroppo, della Pubblica Amministrazione. In via paradossale, aggiungo che, in situazione simile ma diversa per protagonisti, il candidato aspirante Dirigente avrebbe potuto non superare la prova proprio perché non in grado di utilizzare quel linguaggio (per Lei burocratese; per altri quello proprio della PA).
Infine, un’ultima notazione per le lingue. Ribadisco lo stesso concetto. La lingua è fondamentale (e lo sarà sempre di più negli anni a venire), ma non dovrebbe essere quello il discrimine per dire chi potrà essere un buon Dirigente, almeno finché la nostra generazione sarà attiva, per le motivazioni che Lei da esperto nel settore sicuramente ben avrà note.
Sa qual è il vero dramma? Leggendo stamattina il Suo articolo, un qualsiasi lettore che mi conosce avrà pensato ciò che Lei potrà intuire. Ebbene questa cosa mi offende e mi umilia. Non conosco (ribadisco) le dinamiche di correzione sottese alla Commissione 30, essendo stato corretto altrove; eppure mi son dovuto difendere da considerazioni analoghe. Un’altra cosa infine mi addolora. Non ho purtroppo alcun potere di ingresso nell’agenda setting. Lei, con l’indicazione giusta e legittima per il suo cursus honorum, ha avuto lo spazio di un giornale per dire la Sua, con il riferimento in prima pagina persino.
Ed è giusto che sia cosi, ci mancherebbe. Pensi però a quanto spazio e dove hanno pubblicato le loro lettere i tre sfortunati aspiranti Dirigenti, che Lei criticava. E’ un’evidente quanto innaturale asimmetria di potere che lede i principi elementari del contraddittorio; un’asimmetria analoga che a volte emerge anche nelle procedure concorsuali.
Alla fine sa cosa accadrà? Questa mia risposta, forse, non sarà nemmeno pubblicata. Lei non potrà confrontarsi col mio punto di vista, mentre i lettori si faranno una loro idea, a mio giudizio tutta parziale, a partire solo dal Suo punto di vista, come spesso purtroppo accade quando alcuni dibattiti si spostano sull’asse dei grandi quotidiani nazionali.
Raffaele Fontanella
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