“Il ricorso va accolto a seguito della riconosciuta fondatezza della doglianza che ha contestato la legittimità dell’operato della commissione plenaria nella seduta in cui sono stati fissati i criteri di valutazione, con conseguente annullamento in toto della procedura concorsuale in questione”: ecco cosa hanno scritto (nella 20esima delle 21 pagine della sentenza) i giudici della terza sezione del Tar del Lazio, a proposito dei ricorsi collettivi presentati in Campania sul punto che riguardava le incompatibilità di alcuni commissari.
L’incompatibilità di chi ha svolto corsi preparatori al concorso
Le contestazioni dei ricorrenti erano ben dodici, ma ora a rischiare seriamente di far saltare tutto, anche se ora il Miur si giocherà la carta dell’appello in Consiglio di Stato, con richiesta contestuale di sospensione della sentenza del Tar, è stata la presenza, ritenuta impropria, di tre commissari: “non potevano essere nominati come componenti delle sottocommissioni le dott.sse Davoli e Busceti che avevano svolto attività formative nell’anno precedente all’indizione del concorso”, ha scritto il Tar.
Il tribunale regionale ha spiegato che tali presenze era incompatibili con il ruolo obbligatoriamente super partes di commissari in un raggruppamento “madre”, quale è quello della validazione dei quesiti e della scelta delle griglie di valutazione da adottare a seguito dello svolgimento delle prove d’esame: “la Commissione esaminatrice – scrive il Tar – opera come collegio perfetto in tutti i momenti in cui vengono adottate determinazioni rilevanti ai fini della valutazione dei candidati”, e dunque “la presenza anche di un solo componente versante in situazione di incompatibilità mina in radice il principio del collegio perfetto con conseguente invalidità delle attività svolte”.
Un sindaco non può fare il commissario
“Più articolata e complessa, poi, è la posizione del dott. Marcucci. Al momento del conferimento dell’incarico e tuttora – continua il Tar -, egli risulta essere il Sindaco del Comune di Alvignano, in Provincia di Caserta, di talché, in quanto organo elettivo, non poteva essere nominato in alcuna commissione esaminatrice per pubblici concorsi di reclutamento secondo quanto previsto dall’art. 35, co. 3, lett. e) del D.Lgs. 30 marzo 2001 n. 165 e dall’art. 9, co. 2 del d.P.R. 9 maggio 1994 n. 487″.
“Per il ricorrente – continua il Tar – la carica politica rivestita dal commissario è di per sé suscettibile di determinare un evidente rischio di sviamento delle funzioni attribuite in ragione dell’incidenza del munus publicum rispetto al servizio pubblico di istruzione scolastica statale”.
E non significa nulla che poi nel corso delle procedure i tre figurassero nelle sotto commissioni: in particolare, scrive ancora il Tar, “il dott. Angelo Francesco Marcucci, quale componente della 12° Sotto-Commissione, la dott.ssa Elisabetta Davoli, quale componente della 11° Sotto-Commissione, e la dott.ssa Francesca Busceti, quale componente della 18° Sotto-Commissione”.
Fatale la Plenaria del 25 gennaio scorso
Sotto la lente dei giudici del Tar è finita la seduta Plenaria del 25 gennaio 2019, quando “l’organo tecnico si era riunito a composizione allargata, ossia con la partecipazione non solo dei membri della Commissione centrale, ma anche dei componenti e/o rappresentanti delle singole Sotto-Commissioni e, in tale occasione, venivano definiti i criteri di valutazione poi utilizzati per la correzione delle prove e l’attribuzione dei punteggi”. In quell’occasione, si è consumata l’incompatibilità.
Ora spetta all’avvocatura del Miur dimostrare all’avvocatura di Stato che i tre commissari avevano la licenza di realizzare le griglie, per poi tornare nelle loro sottocommissioni.