Ci penso dall’8 maggio scorso, anche se l’evidenza dell’accesso agli atti era stata già anestetizzata da ben 3 settimane di attesa, seguite alla notizia della bocciatura alla prova scritta. In tre settimane ti fai una ragione, sia del torto che del fallimento, e la rassegnazione era stata inoculata dall’aver visto che tanti colleghi non comparivano nell’elenco degli idonei all’orale, pur avendo superato la preselezione con punteggi altissimi. E perché questo poi non deve contare nulla?? Per superare la preselezione sono necessari efficienza mentale, abilità operativa, memoria e sangue freddo, abilità che vengono quantificate in un punteggio, che, assurdamente, non ha alcun valore sommativo con le prove successive.
Mi ero detto subito, a botta calda, alla data di pubblicazione dell’elenco ammessi agli scritti: “Strano, non mi pareva di aver scritto fesserie…”. Tuttavia, restava il dubbio di quanto poco o molto, ma comunque insufficiente, fosse stato valutato il mio scritto. Quindi l’8 maggio l’ho scoperto: il punteggio era 61/100mi, di cui 49/80 per lo scritto e 12/20 per la prova in inglese: un 6+ di antica memoria, neppure uno zero nella mia griglia di valutazione, due parametri ottimi, che mi riconoscevano coerenza, pertinenza e senso critico. Insomma, non mi potevo lamentare: niente dirigenza scolastica per me, un impegno sfidante e spaventevole, ma almeno non una bocciatura clamorosa.
Incredibile però che l’accesso alla Dirigenza sia discriminato, in una parte determinante, dalla competenza linguistica “stupida”?! non si tratta, infatti, di cogliere il senso profondo di un testo letterario o il sapido argomentare di un articolo di politica internazionale. Si trattava, nella prova in lingua, di cogliere il significato micro di un brano di un report sulla scuola europea: possibile che questo, nell’era di Google Traduttore, sia così fondamentale per dirigere una scuola?!
Nelle mie risposte ai quesiti (tutte di lunghezza simile, con circa 1200 caratteri) non c’erano errori madornali né concettismi né storture sintattiche o errori ortografici: qual era la differenza con un compito sufficiente? Mistero…
Tuttavia, quello che colpisce veramente è il quadro sinottico che la commissione ha elaborato dei punteggi dei suoi 25 candidati. Di essi, uno solo (sic!), il 4 %, ha superato la soglia di 56/80mi, cioè la soglia del 70 % necessaria per l’idoneità al concorso: se quel candidato (con p. 58), sarà stato mediocre come me, nella prova di banal english, avrà preso 12/20mi, arrivando così alla soglia minima di 70. E gli altri? Solo 9 hanno punteggi superiori al mio (36 %) e pochi di loro potranno aver superato la prova, salvo aver conseguito il punteggio massimo di 20 nella prova in lingua. È ovvio che gli altri 15 restanti, con punteggio inferiore al mio, non possono matematicamente aver superato la prova scritta. Ad ogni modo, se vogliamo fare una stima attendibile, dobbiamo considerare improbabile che tutti abbiano preso il massimo: vogliamo stimare un 25 %, applicando una gaussiana generosa? Ebbene, 2,3 su 9, facciamo pure 3, facciamo pure 4 candidati, che forse hanno superato lo scritto. Tradotto in percentuale, risultano idonei all’orale, nella mia commissione, dal 4 al 16 % max dei candidati, 1 su 6 di coloro che si erano presentati allo scritto, dopo aver superato la preselezione.
Ora, mi chiedo, quale struttura organizzativa, che avesse necessità di dotare i propri ranghi, avallerebbe questo anonimo e ottuso processo di selezione? C’era bisogno di presidi per superare la stortura delle reggenze e far fronte al turn-over dei prossimi anni e allestire concorsi e trovare commissioni è estremamente difficile e complicato: in questo modo fra 2 anni saremo punto a capo e neppure l’emergenza avremo gestito… E ci fosse costato poco, fra corsi a pagamento, commissari, vigilanza, lavoro di correzione, nottate di studio, giorni di permesso e aspettative in frantumi…
E, infine, un’ulteriore riflessione: se questa commissione si è comportata correttamente, allora la preselezione è inutile, perché ne ha portati ben 24 su 25 non adatti. Se, invece, la commissione ha agito in difformità (la forbice fra il 40 % degli ammessi nazionali e le sue risultanze è in effetti molto elevata), la preselezione, con tutto l’investimento che ha comportato, è ugualmente inutile, perché il suo punteggio non ha costituito titolo sommativo. Visto l’operato delle commissioni, che evidentemente non hanno ricevuto o recepito indicazioni adeguate e uniformi, bisognava tener conto dell’unica prova a risposta chiusa, svolta da tutti nello stesso momento e con un punteggio oggettivo, in modo che facesse media sommativa con le prove successive, così da attenuare gli effetti sperequativi già delineati.
Stefano Battilana
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