Illustrissimo presidente Mattarella,
Chi Le scrive è la dottoressa Antonella Mongiardo, risultata idonea all’ultimo concorso nazionale per Dirigenti scolastici.
Sento il bisogno di esprimere a Lei il mio rammarico per quanto sta accadendo nella nostra Pubblica Amministrazione, dove i cittadini onesti, che rispettano le leggi, che lavorano e partecipano ai pubblici concorsi affrontando notevoli sacrifici, si vedono talora delegittimati e mortificati nella loro dignità, proprio da rappresentanti delle istituzioni.
Mi riferisco, appunto, all’ultimo concorso a preside, che, come Lei certamente sa, è stato annullato dal Tar Lazio per la presunta incompatibilità di tre commissari.
Signor Presidente, questo concorso, per come è stato congegnato, ha consentito a molti candidati onesti di raggiungere l’ambito traguardo solamente grazie al proprio impegno e alla propria preparazione, eppure è stato travolto da una disgustosa campagna mediatica diffamatoria e demolitoria, di cui riferirò nel seguito.
Premetto che, per la prima volta forse nella storia della P.A., politici e giornalisti hanno manifestato grande interesse verso una selezione pubblica. Uno strano interesse, però, che dà voce unicamente alla delusione rabbiosa dei candidati esclusi, dando così all’ opinione pubblica un’immagine alquanto distorta della situazione.
Ecco perché la mia preoccupazione va oltre la semplice vicenda concorsuale e investe una sfera più ampia, cioè quella riguardante la meritocrazia e il rispetto della verità.
Inizio con il fare alcune considerazioni su taluni aspetti inquietanti di questa storia.
Sul motivo dell’annullamento. Se è vero che tre componenti (su trecento) hanno operato in condizioni di incompatibilità, significa, evidentemente, che al ministero dell’istruzione qualcosa non ha funzionato. Ma allora, mi domando, come mai l’effetto di questa disfunzione va a travolgere altre 35 commissioni “incolpevoli” e 3000 candidati innocenti, ma nulla si dice su come (e se) i responsabili di questo disastro pagheranno per le loro colpe?
Sui danni subiti. Politici e sindacati non fanno che ripetere che la sentenza del Tar rischia di gettare nel caos il mondo della scuola, come se l’unico danno sociale di questo annullamento fossero le scuole senza presidi. Problema serio, certamente. Una emergenza non facile da risolvere. Ma il vero danno è un altro. E’ il senso di sgomento e di impotenza che ha assalito i cittadini nei confronti della pubblica amministrazione, con questa assurda vicenda. Mi riferisco ai cittadini onesti. Quelli che domani, quando decideranno di partecipare a un concorso pubblico, dovranno fare, a questo punto, gli scongiuri, augurandosi che nella commissione esaminatrice non ci sia un commissario incompatibile, che possa vanificare in un attimo tutta la loro fatica. D’altronde, a quale titolo, e con quali mezzi, un candidato può pretendere questo controllo preventivo sui suoi esaminatori quando partecipa ad un concorso?
E, mi scusi la franchezza, anche una certa sfiducia verso la giustizia, che talvolta dà al cittadino l’impressione di usare pesi e misure diversi nell’applicazione della legge. Quanto è giusta, ci si chiede in tanti, una magistratura che, dinanzi a gravi irregolarità, come quelle denunciate nel 2011 in alcune regioni del Sud, rigetta i ricorsi amministrativi e archivia e/o prescrive per scadenza dei termini le denunce penali, mentre oggi è talmente rigida e inflessibile da mandare all’aria una procedura nazionale per un presunto vizio formale di cui nessun candidato ha colpa?
Sul ruolo che parte della stampa ha avuto in questa vicenda. C’è la sensazione diffusa che contro questo concorso sia stata montata, fin da subito, una campagna mediatica demolitoria. Fin da quando è partita la macchina concorsuale, su giornali e social si è letto di tutto contro il concorso e contro coloro che, via via, superavano le varie selezioni. Alcuni giornali nazionali hanno manifestato un interessamento senza precedenti verso le presunte ingiustizie subite dai non ammessi. Ora, un conto è pubblicare un documento anomalo prodotto da una commissione. Ma si è arrivati a fare inchieste “sensazionali”, attingendo addirittura dai forum anonimi di internet, come fonti di informazioni. Da questi forum è stato copiato e incollato di tutto. E così, scherzosi pronostici sugli esiti delle prove (puntualmente disattesi poi dai fatti) sono diventati per i giornali “fughe” di notizie; le lagnanze di candidati bocciati sono diventate “testimonianze” di cattiva gestione del concorso. Ma, è bene sottolinearlo, veniva messo in risalto sempre e solo il punto di vista dei non ammessi, in barba al codice deontologico dei giornalisti.
Ma dove erano politici e giornali quando il concorso a preside del 2011, considerato il peggiore “pasticciaccio” nella storia della P.A. fu inondato da ricorsi e denunce, con i candidati che denunciavano irregolarità gravissime e invocavano giustizia, senza essere ascoltati da nessuno?
Sulle critiche dei non ammessi. Molte di queste testimonianze lamentano valutazioni inique nelle prove scritte. Le lagnanze sono legittime, per carità, come legittimi sono i ricorsi, se chi ricorre ritiene davvero di essere stato leso. Ma, proprio su questo punto, vorrei esprimere qualche dubbio, altrettanto legittimo, sulla pretestuosità di certe censure. C’è qualcosa che non torna nelle polemiche dei candidati risultati non idonei alle prove scritte. Infatti, prima della pubblicazione dell’elenco degli ammessi agli orali, molti concorrenti lamentavano nei forum problematiche del tipo: computer obsoleti che avevano funzionato male, tastiere rumorose che avevano impedito la concentrazione, falle nel sistema informatico che non aveva salvato, violazione dell’anonimato, eccessive difficoltà nei test di inglese, tempi troppo ristretti per poter sviluppare le tematiche proposte, disparità di trattamento con i colleghi di lingua, (che avrebbero avuto un vantaggio oggettivo sugli altri); lagnanze a cui si aggiungerà, in seguito, anche quella sul presunto vantaggio dei concorrenti sardi, e chi più ne ha più ne metta. Una lunga serie di critiche sulla modalità di svolgimento della prova scritta, che avrebbe impedito a molti candidati di esprimere al meglio la loro preparazione. Tutto questo fino alla pubblicazione del famoso listone. Dopodiché la musica cambiava completamente. Tutti (o quasi) i non ammessi giuravano, ora, di aver fatto ottime prove, valutate male e in modo ingiusto dalle commissioni. E da quel momento ha avuto inizio una lunga saga di insulti e calunnie contro gli idonei, tutti quanti accusati di essere raccomandati, imbroglioni, e via discorrendo.
Ma non si è mai visto pubblicare nulla a sostegno di queste accuse, non un solo atto, un solo verbale, una sola prova oggettiva delle lamentate irregolarità. Ed è stato lo stesso Tar Lazio a dissentire dai ricorrenti su ben dieci censure (su undici), giudicandole infondate e non meritevoli di accoglimento.
Sign. Presidente, la sottoscritta afferma con orgoglio di aver superato il concorso Ds 2017, dopo aver studiato giorno e notte per un anno, da sola, senza seguire corsi di preparazione, SENZA RACCOMANDAZIONI O AIUTI DI NESSUN TIPO DA PARTE DI NESSUNO. Consapevole di aver superato tre difficili prove concorsuali, con onestà, rispettando le regole, sottoponendosi a dispendiosi viaggi da una parte all’altra dell’Italia, ma sempre continuando a lavorare e a dare il massimo ai suoi studenti. E, come me, sarei pronta a giurare altrettanto per molti miei colleghi, persone di grande serietà e preparazione.
Testimonio, inoltre, che in tutte le fasi del concorso, dalla preselezione alla prova orale, non ho riscontrato nessunissima anomalia, inconvenienti tecnici o irregolarità di alcun tipo. Anzi, ho sempre riscontrato una estrema serietà e severità, sia da parte dei vigilanti d’aula che delle commissioni esaminatrici.
Per questo motivo, io, personalmente- che ho sempre lottato sui giornali contro il sistema delle raccomandazioni- mi sento offesa e oltraggiata da certa stampa, che ha cavalcato uno scoop di infimo livello, basato sul nulla, sproloquiando di “raccomandati e soliti noti” e gettando fango sui sacrifici di tanti professionisti onesti. Noti, si, nel proprio ambiente, ma solo per la loro serietà e devozione al lavoro.
All’inizio di questa missiva, sign. Presidente, esprimevo sdegno anche verso l’atteggiamento di certi esponenti delle istituzioni, nei riguardi di questa dolorosa vicenda. Mi spiego meglio.
Leggevo giorni fa una pubblica lettera, in cui l’autrice, chiaramente schierata contro il concorso Ds, faceva gravi e offensive affermazioni nei riguardi del Miur e dei vincitori. Notavo, però, che la firmataria della nota non era una candidata esclusa (come poteva sembrare), ma una deputata, Carmela Bucalo, di Fratelli D’Italia. In poche righe, l’onorevole Bucalo è riuscita ad offendere in un sol colpo:
La sorpresa è tutta nostra, Sign. Presidente, nel constatare che un onorevole della Repubblica confonde il merito con l’esperienza. Forse la deputata non sa, o ha dimenticato, che un concorso pubblico non funziona come un’elezione politica, dove contano soprattutto la militanza, le relazioni sociali e la capacità di persuasione. In un concorso, il merito si misura da altre cose. Esso non consiste solo nella pratica (che si acquisisce strada facendo), ma coincide con lo studio, con la preparazione, con la capacità di ricerca e di approfondimento, con la prontezza di risoluzione di un caso, con la passione, con l’abnegazione al dovere e alle responsabilità. Qualità che non sono certo misurate da un indicatore numerico, comprensivo solo di funzioni strumentali e collaborazioni varie. La sottoscritta, che ha un punteggio pari a zero nei titoli di servizio, avendo poca esperienza nella conduzione scolastica, ha tuttavia ottimi requisiti culturali, conquistati con anni di studio ed esami post-universitari, ed è orgogliosa di essere stata giudicata “meritevole” da commissioni serie, competenti e molto selettive.
In conclusione, signor. Presidente, Le chiedo di vigilare affinché, in questo triste momento della Pubblica Amministrazione, siano tutelati la verità, il merito e, soprattutto, la dignità di chi ha superato onestamente questo concorso. Che, forse, non è piaciuto a tante persone proprio perché ha tagliato le gambe alle tradizionali logiche clientelari e ha premiato, finalmente, il merito e l’onestà.
Antonella Mongiardo
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