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Concorso dirigenti scolastici: ma di quale incompatibilità parliamo?

Quale vincitrice del concorso per dirigenti scolastici 2017, vi scrivo per esprimere dei dubbi sulla controversa questione della incompatibilità, nella speranza di ricevere una risposta da qualche giurista, che sia tanto gentile da chiarirle le idee.
Il dubbio nasce in me, che non sono esperta di leggi, da un confronto tra l’ultimo concorso e quello del 2011 in Calabria. Entrambe le selezioni sono state oggetto di numerosi ricorsi fondati sul motivo dell’incompatibilità di alcuni componenti delle commissioni esaminatrici.
Con la differenza che questa censura nel 2011 è stata rigettata dai tribunali amministrativi, mentre oggi è stata accolta. Ma vorrei capire, dal punto di vista giuridico, in che cosa consiste la sostanziale differenza tra l’una e l’altra situazione. O meglio, per essere più esplicita, vorrei capire per quale ragione la situazione attuale rientrerebbe tra le cause di incompatibilità, mentre la vicenda del 2011 non vi rientrava.
Tralascio il ruolo del sindaco di Conigliano, che fa la differenza con il concorso Calabria 2011, e mi soffermo soltanto sull’aspetto comune ai due concorsi, cioè quello dei commissari “colpevoli” di aver tenuto dei corsi di formazione sulla dirigenza scolastica.
Sulla specifica questione dei corsi di formazione, mi sembra del tutto legittimo e naturale fare un raffronto tra le due vicende concorsuali.

Cosa veniva contestato in Calabria nel 2011
Nel marzo 2011, l’Università Magna Graecia di Catanzaro, in collaborazione con l’USR Calabria, aveva organizzato un corso di perfezionamento, a pagamento, di cui responsabile scientifico era stato il prof. Antonio Viscomi, docente di diritto del lavoro.
Il corso era formalmente intitolato “Per dirigenti scolastici”, ma, in realtà, era stato esteso a docenti con funzioni vicarie.
Ebbene, circa quattordici di questi docenti vicari saranno successivamente ritrovati nell’elenco degli ammessi agli orali del concorso Ds 2011, presieduto dal medesimo Antonio Viscomi. Questi, insomma, accettò a suo tempo l’incarico di presidente del concorso, benché tra i partecipanti ci fossero diversi corsisti, nonché docenti con funzioni vicarie, del corso organizzato da lui stesso pochi mesi prima.
A questa circostanza se ne aggiungeva un’altra, pure censurata dai ricorrenti.
Nel marzo 2012 (durante la correzione delle prove scritte), l’USR Calabria promuoveva un corso di formazione per dirigenti scolastici, che prevedeva una serie di seminari da tenersi in diverse città calabresi. In quegli incontri il relatore era sempre il prof. Antonio Viscomi.
Nota Bene. Nella scheda illustrativa del corso, alla fine della presentazione delle varie attività, si leggeva: “Per ulteriori informazioni contattare: M.A.C. e M. N. I.
Delle due collaboratrici referenti veniva fornito sia il numero di cellulare che l’indirizzo di posta elettronica. Ebbene, anche queste due collaboratrici risulteranno nell’elenco degli ammessi all’orale del concorso. Una delle due, bocciata alla preselezione di ottobre, sarà riammessa agli scritti e agli orali con riserva, mentre l’altra si classificherà tra i primi nella graduatoria finale dei vincitori.

Secondo i ricorrenti, il presidente del concorso Calabria 2011, Antonio Viscomi, versava in condizioni di incompatibilità, per avere egli:
1) dapprima ricoperto il ruolo di direttore scientifico del suddetto corso di perfezionamento per dirigenti scolastici e poi il ruolo di presidente della commissione esaminatrice del concorso a cui hanno concorso, tra gli altri, anche i docenti vicari che avevano partecipato al corso di perfezionamento.
2) E poi per aver continuato a svolgere il ruolo di presidente del concorso, dopo aver ricoperto la funzione docente (relatore) nei micro-seminari di formazione per dirigenti scolastici di ruolo, organizzati dall’Usr Calabria e di cui erano referenti due professoresse che erano pure candidate nel medesimo concorso del prof. Viscomi.

2014. Il CdS sez. VI rigetta la censura, con la sentenza n. 3257/2014 depositata il 26.06.2014, statuendo che non vi è alcuna incompatibilità nel presidente della Commissione esaminatrice per le seguenti motivazioni: “La vigente legislazione ordinaria- si legge nella sentenza– non contempla alcuna specifica disciplina sulle cause di incompatibilità nei pubblici concorsi, rinviando alle cause di incompatibilità previste dal codice di procedura civile. Il riferimento è all’art. 11 c.1 dpr 487/1994 (adempimenti della commissione) che così recita: “prima dell’inizio delle prove concorsuali, i componenti della commissione, presa visione dell’elenco dei partecipanti, sottoscrivono la dichiarazione che non sussistono situazioni di incompatibilità tra essi e i concorrenti, ai sensi degli articoli 51 e 52 del codice di procedura civile…”

In tal senso si è espressa la giurisprudenza ritenendo che le cause di incompatibilità sancite dall’art. 51 c.p.c. , estendibili a tutti i campi dell’azione amministrativa, e segnatamente alla materia concorsuale, rivestono carattere tassativo.

“L’art. 51 Cod. proc. civ., sancisce che il giudice ha il dovere di astenersi nei seguenti casi: 1) se ha interesse nella causa o in altra vertente su identica questione di diritto; 2) se egli stesso o la moglie è parente fino al quarto grado o legato da vincoli di affiliazione, o è convivente o commensale abituale di una delle parti o di alcuno dei difensori; 3) se egli stesso o la moglie ha causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito con una delle parti o alcuno dei suoi difensori; 4) se ha dato consiglio o prestato patrocinio nella causa, o ha deposto in essa come testimone, oppure ne ha conosciuto come magistrato in altro grado del processo o come arbitro o vi ha prestato assistenza come consulente tecnico; 5) se è tutore, curatore, amministratore di sostegno, procuratore, agente o datore di lavoro di una delle parti; se, inoltre, è amministratore o gerente di un ente, di un’associazione anche non riconosciuta, di un comitato, di una società o stabilimento che ha interesse nella causa…
Dunque, nei pubblici concorsi, i componenti della commissione esaminatrice hanno l’obbligo di astenersi solo ed esclusivamente se ricorre una delle condizioni tassativamente previste dall’art. 51 del c.p.c., con il solo margine di apertura rappresentato dalla laboriosa opera di ermeneutica giurisprudenziale che si è andata delineando nel tempo.
Secondo il CdS, le situazioni prospettate allora dalla ricorrente “non rientrano in nessuna delle cause d’astensione previste dall’art. 51 del cpc….”
“Del resto in svariate situazioni afferenti alla materia concorsuale e non riferibili alle ipotesi specificamente disciplinate dalla richiamata norma processuale, l’elaborazione giurisprudenziale è coralmente orientata nel senso dell’insussistenza di un dovere di astensione da parte del componente della commissione giudicatrice…
La collaborazione tra commissario e candidato comporta l’obbligo di astensione soltanto se essa implichi comunanza di interessi economici o di vita d’intensità tali da far ingenerare il sospetto che il giudizio sul candidato sortisca da conoscenza personale con il commissario e non da risultanze oggettive della procedura (CdS sez VI, 8 maggio 2011 n° 2589)”.

In definitiva, affinché sussista l’obbligo di astensione deve essere dimostrata la sussistenza di un rapporto di lavoro o professionale stabile con la presenza di interessi economici; ovvero di un rapporto personale di tale intensità da fare sorgere il sospetto che il giudizio non sia stato improntato al rispetto del principio di imparzialità.
Nella fattispecie in esame non sembra ricorrano, o quanto meno che siano concretamente dimostrate, tali condizioni.
E, come precisa l’avv. Giuseppe Policaro a commento della sentenza, “in mancanza di elementi probatori concreti, assume rilievo la circostanza che il prof. Viscomi ha svolto il ruolo di direttore, coadiuvato da un comitato scientifico, ma non ha svolto alcune delle dodici lezioni in programma. Ma anche qualora avesse svolto, come affermano le appellanti, talune lezioni, indicate nell’atto di appello, ciò non sarebbe comunque sufficiente ad integrare una causa di astensione. Alla luce di tanto, le censure rivolte avverso il provvedimento di nomina della Commissione Esaminatrice, sono state integralmente rigettate”.

Concorso Ds 2017.
Il Tar del Lazio annulla tutti gli atti della procedura concorsuale, a partire dal 25 gennaio 2019, perché le griglie di correzione della prova scritta sarebbero state definite da una commissione plenaria “inquinata” da tre componenti che versavano in condizioni di incompatibilità. In particolare, due commissarie, Francesca Busceti ed Elisabetta Davoli, sarebbero incompatibili per aver tenuto dei corsi formazione inerenti il concorso a preside. Stando a quanto affermato dal Miur in una nota, la dottoressa Busceti avrebbe partecipato unicamente a corsi in materia di contabilità pubblica, rivolti a Ds e Dsga già in servizio; mentre, la dottoressa Davoli avrebbe svolto un corso per un’associazione formatrice, che non aveva nulla a che vedere con i corsi di formazione per il concorso a dirigente, oltretutto cedendo il diritto di utilizzare i materiali forniti.
Ora, a prescindere da qualsiasi giudizio di merito che spetta unicamente ai giudici del CdS, vorrei capire, sul piano logico, le seguenti cose:
1) In che senso la situazione di Busceti e Davoli è stata identificata, dalla giustizia amministrativa di primo grado, come possibile causa di illegittimità del concorso, mentre la situazione di Viscomi non lo era? Cioè, in altre parole, perché la situazione attuale è diversa e più grave di quella del 2011 in Calabria?
2) Per quale motivo Busceti e Davoli avrebbero “inquinato” con la loro presenza (giuridicamente parlando, si intende) la seduta del 25 gennaio 2019? Nella quale, tra parentesi, come testimonia la prof.ssa Paola Fiorentini, le commissioni si sono riunite “solo
per prendere servizio, controllare la correzione tecnica degli scritti di lingue e prendere visione della griglia di correzione predisposta dal comitato scientifico” ?

Grazie a chi vorrà chiarirmi le idee

Antonella Mongiardo

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