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Concorso dirigenti scolastici, storia di un anonimato mai nato

Il rispetto del criterio dell’anonimato nelle prove scritte delle procedure concorsuali e, in generale in tutte le selezioni pubbliche, costituisce elemento imprescindibile e sostanziale dell’applicazione del principio costituzionale di uguaglianza a garanzia del buon andamento delle procedure e dell’ imparzialità della PA che deve operare ed effettuare le valutazioni dei concorrenti senza lasciare spazio alcuno a rischi di condizionamenti esterni garantendo così la par condicio tra i candidati.

Ciò impone all’Amministrazione misure cautelari precise e accorgimenti prudenziali che qualifichino la garanzia e l’effettività dell’anonimato quale elemento costitutivo dell’interesse pubblico primario al cui perseguimento tali procedure selettive risultano finalizzate.

Questo è quanto si deduce dalla lettura delle sentenze n.26, n.27 e n.28 del Consiglio di Stato in Adunanza Plenaria del giorno 20 novembre 2013, che induce a verificare se nella procedura di selezione per il reclutamento di dirigenti scolastici siano state adottate tutte quelle misure che qualificano la garanzia e l’effettività dell’anonimato.

Nel concorso a dirigenti scolastici, l’anonimato nasce nelle date di svolgimento delle prove scritte, il 18 ottobre 2018 per la maggior parte dei candidati e il 13 dicembre 2018 per i candidati della Sardegna e per quelli muniti di ordinanze o decreti cautelari.

L’incomprensibile scelta di non applicare la regola dell’unicità dello svolgimento della prova scritta, così come previsto dal bando, non rinviando per tutti la prova (tanto più che lo stesso bando prevedeva al comma 12 dell’art.12 che “Qualora, per cause di forza maggiore sopravvenute, non sia possibile l’espletamento della prova scritta nella giornata programmata, ne viene stabilito il rinvio con comunicazione, anche in forma orale, ai candidati presenti”), ha già, di per sé, minato la garanzia e l’efficacia dell’anonimato, in quanto le prove scritte svolte il 13 dicembre 2019 sono riconoscibili dalle diverse tracce dei quesiti presenti in esse.

Comunque, andando avanti con la storia, secondo quanto stabilito dalle Indicazioni relative allo svolgimento della prova scritta redatte dalla Direzione generale per il personale scolastico del MIUR (prot.n. AOODGPER.0041127 del 18-09-2018) e inviate agli USR competenti, i candidati, nel giorno della prova scritta, hanno estratto dalla scatola/urna un foglio con su stampato il cosiddetto Codice Personale Anonimo (un codice alfanumerico facilmente memorizzabile) e ad ognuno sono stati consegnati un modulo anagrafico da compilare con le proprie generalità e una busta internografata in cui riporre entrambi (codice personale anonimo e modulo anagrafico).

Sempre secondo le Indicazioni succitate, il candidato ha inserito il codice personale anonimo per sbloccare la postazione e lo ha riposto nella busta internografata a lui consegnata senza sigillarla. Al termine della prova, il candidato alla presenza del responsabile tecnico d’aula, ha inserito il codice personale anonimo nell’apposito form presentato dall’applicazione, ha firmato sul modulo cartaceo del codice personale anonimo a conferma del corretto inserimento e, successivamente, ha riposto il modulo anagrafico ed il modulo contenente il codice personale anonimo all’interno della busta internografata, sigillandola. La busta internografata è stata poi consegnata dal candidato al comitato di vigilanza.

Dalle Indicazioni relative allo svolgimento della prova scritta, dunque, è evidente che i candidati sarebbero venuti a conoscenza dei propri codici personali anonimi.

A seguire, al termine della prova scritta, i file criptati, contenenti il codice personale anonimo e l’elaborato di ciascun candidato, sono stati salvati sul desktop del computer sul quale il candidato ha operato (come consigliato a pagina 7 dalle Indicazioni e testualmente riportato: “In particolare, il responsabile tecnico d’aula si reca davanti ad ogni postazione, procede ad “eseguire il backup del test” selezionando, come destinazione del salvataggio, una cartella locale del pc (preferibilmente la cartella desktop). A seguito della visualizzazione della finestra “backup eseguito correttamente” procede a chiudere l’applicativo. Solo a questo punto inserisce la chiavetta USB e provvede a copiare il file .BAC nella chiavetta stessa.”). Questi file sono stati, successivamente, salvati su una pen-drive e poi caricati sul sito https://concorsodirigentiscolastici.miur.it, gestito dal CINECA, in modo che gli elaborati dei candidati potessero essere a disposizione della commissione esaminatrice per la successiva fase di correzione.

Ma che fine hanno fatto i file salvati sul desktop? Forse qualche responsabile tecnico d’aula accorto li avrà cancellati, qualcun altro meno accorto non lo avrà fatto, lasciando traccia degli elaborati alla portata di chiunque  avesse avuto accesso a quel computer. Nelle Indicazioni non è citato nulla in merito a ciò. Non è citato affatto che i file dovessero essere eliminati dal PC locale. È vero che sono file criptati, ma da una procedura che deve garantire l’efficacia dell’anonimato, ci si sarebbe aspettato un esplicito riferimento alla loro cancellazione, tanto più che la loro presenza sul desktop del computer avrebbe potuto far risalire immediatamente a quali concorrenti appartenessero. Non ci sarebbe bisogno neanche di decriptare i file. Se il candidato Tizio ha svolto la prova sulla postazione X, sul cui desktop è presente il file, anche se denominato in modo che non identifichi il candidato (es.XCVF134aF.BAC), si deduce con certezza che quel file con quel nome è del candidato Tizio. Si è lasciata, quindi, la possibilità di entrare in possesso dei file delle prove e soprattutto di sapere a chi appartenessero i file denominati in un certo modo.

Continuando la nostra storia, le buste contenti i codici personali anonimi e il modulo anagrafico, unitamente alla chiavetta USB, ai codici personali non estratti, agli originali dei verbali d’aula e del registro cartaceo, sono stati riposti in buste sigillate e inviate ai rispettivi USR, entro il giorno successivo allo svolgimento della prova. Gli USR, successivamente, in data non nota, hanno consegnato all’ufficio II della Direzione generale per il personale scolastico i plichi della prova scritta provenienti dalle singole aule d’esame, riponendoli in scatoloni recanti il riferimento alla Regione. Una volta arrivati al MIUR questi scatoloni sono stati depositati nella stanza 521 al piano -1 di via Morosini,2 Roma, come risulta dal verbale relativo allo scioglimento dell’anonimato.

In questo frattempo, i file con gli elaborati e i codici personali anonimi sono stati giacenti negli archivi del CINECA,  fino a quando si sono avviati le procedure di correzione. A questo punto si può solo ipotizzare, in quanto quasi nulla è stato dato di conoscere in merito alle modalità procedurali circa la correzione delle prove, che si sia reso necessario decriptare i file per permettere alle commissioni nominate per la correzione di poter prendere visione, in chiaro, del contenuto delle prove. Il CINECA, quindi, sempre ipotizzando, avrebbe decriptato i file, avrebbe estratto il codice personale anonimo e l’elaborato, avrebbe eseguito il “famoso” algoritmo di randomizzazione per l’assegnazione delle prove alle varie commissioni, mescolando i codici personali anonimi, creando una tabella in cui è presente l’associazione tra codice personale anonimo e un numero d’ordine compreso tra 1 e circa 9000 stabilito dall’algoritmo di randomizzazione. Tale numero d’ordine è diventato il codice elaborato e, rispettando la progressione di tale numerazione, a blocchi di circa 250 per commissione, ha permesso ai membri della commissioni di accedere agli elaborati dei candidati ad essi assegnati, come si evince dalle schede di valutazione e dai verbali delle commissioni giudicatrici.

Nel database del CINECA, quindi, è presente una tabella con l’associazione codice personale anonimo, codice elaborato e il numero della commissione alla quale è stato assegnato per la correzione. Ciò è ovviamente indispensabile per poter individuare successivamente allo scioglimento dell’anonimato l’autore della prova identificata con quel particolare codice elaborato.

Ma come è stato gestito l’accesso a tale preziosa tabella ai fini dell’anonimato? Sono stati tracciati tutti gli accessi eseguiti su di essa? Se così è stato, non sarebbe meglio renderli pubblici? Si eviterebbero quei retro pensieri sospettosi e ogni forma di dubbio.

Una semplice query (interrogazione per estrarre dati da un database), infatti, avrebbe potuto permettere, conoscendo il codice personale anonimo, di sapere il codice elaborato e il numero della commissione al quale è stata affidata la correzione dell’elaborato ad esso associati.

Arriviamo alla presunta morte dell’anonimato (la presunzione sta nel fatto che potrebbe essere morto anche prima). Nei giorni 26 e 27 marzo 2019 avviene lo scioglimento dell’anonimato. Nella sala CNPI del MIUR, la commissione coordinatrice e le 37 sotto commissioni in formazione ristretta (un componente e un segretario), attraverso le 38 postazioni desktop presenti in essa, hanno abbinato in modalità telematica il codice fiscale di ogni candidato al corrispondente codice personale anonimo, rinvenienti dalle buste prelevate dagli scatoloni depositati precedentemente nella stanza 521, come risulta dal verbale di scioglimento dell’anonimato.

In tale verbale però non si fa menzione di altro circa la modalità di scioglimento dell’anonimato. Come è avvenuto?

Si può ipotizzare che i commissari abbiano aperto le buste ad essi assegnate e, utilizzando il form messo a disposizione del CINECA, abbiano digitato il codice fiscale e il codice personale anonimo creando l’abbinamento. Considerando circa 9000 partecipanti alla prova scritta e 38 commissioni, ciascuna di esse avrebbe digitato circa 239 codici fiscali e altrettanti codici personali anonimi, con un probabile margine di errore elevato insito nella natura umana quando svolge azioni ripetitive e in breve tempo. Come si è controllato che l’abbinamento fosse corretto? Nulla è dato di sapere.

Certamente garantire l’anonimato in una procedura concorsuale che si basa su prove scritte elaborate con strumenti informatici è un’operazione complicata. Il trattamento automatico delle informazioni, che è alla base delle procedure informatiche, ha bisogno necessariamente di identificare tutto ciò che tratta, ha bisogno di associare codici univoci per permettere, successivamente, il ritrovamento delle stesse informazioni trattate. Le informazioni anonime non esistono per le procedure informatiche, in quanto non sono successivamente ritrovabili in modo univoco e, quindi, inutilizzabili. Era senza dubbio necessario attribuire codici identificativi anonimi e non.

Ma nella storia sino a qui narrata non è certo colpa della tecnologia se in alcuni passaggi si evidenziano alcune anomalie.

Il codice personale anonimo senza dubbio doveva esserci, ma aver dato la possibilità ai candidati di conoscerlo o di conoscere addirittura anche il nome del file che conteneva il proprio elaborato ha fatto morire l’anonimato prima ancora che esso potesse produrre i suoi effetti. Ad essere mal pensanti, un candidato, in possesso del proprio codice personale anonimo, avrebbe potuto, egli stesso o chi per lui, interagire con il CINECA ed ottenere il codice elaborato e il numero della commissione di valutazione incaricata della correzione e condizionare il suo operato. Forse ciò non è accaduto (almeno si spera), ma la procedura di gestione dell’anonimato non ha escluso in modo assoluto questa ipotesi.

Tra l’altro, il fatto che l’evento non si sia verificato o, quanto meno, non è dimostrabile, con gli atti che, per adesso, si hanno a disposizione, non esonera l’Amministrazione dalle responsabilità in merito. Rifacendosi sempre alle sentenze del Consiglio di Stato n.26, n.27 e n.28 del 20 novembre 2013, l’Adunanza Plenaria, in conclusione, afferma che la “violazione dell’anonimato da parte della Commissione nei pubblici concorsi comporta una illegittimità da pericolo c.d. astratto (cfr. in termini Cons. Stato, Sez. VI, n. 3747/2013) e cioè un vizio derivante da una violazione della presupposta norma d’azione irrimediabilmente sanzionato dall’ordinamento in via presuntiva, senza necessità di accertare l’effettiva lesione dell’imparzialità in sede di correzione.”

Sarebbe bastato rendere illeggibile il codice personale anonimo ai candidati utilizzando la tecnologia del QR Code (una matrice bidimensionale, o codice 2D, composta da una serie di moduli neri disposti all’interno di uno schema a forma quadrata, che viene impiegata per memorizzare informazioni destinate alla lettura di dispositivi elettronici). I codici personali anonimi avrebbero potuto avere questa forma, non quella alfanumerica facilmente leggibile e memorizzabile. Tanto più che in molti laboratori in cui si sono svolte le prove scritte, erano presenti postazioni dotate di notebook, con fotocamere integrate, e qualora fossero stati di tipo desktop, si sarebbe potuto dotarli di fotocamere esterne collegati ad essi. Tra l’altro l’utilizzo del QR Code avrebbe anche agevolato lo scioglimento dell’anonimato evitando la digitazione dei codici personali anonimi.

Ma la storia dell’anonimato delle prove scritte della selezione per il reclutamento di dirigenti scolastici è stata quella qui narrata, almeno per quanto ci è dato di sapere dai pochi atti resi pubblici, in cui forse alcuni accorgimenti avrebbero potuto modificarne le sorti. È una storia senza un lieto fine che potrebbe concludersi con un “ … e tutti vissero infelici e scontenti”.

Luigi Fabbrizio

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