Scrivo in risposta alla lettera di Lucia Chiara Vitale il cui contenuto, così come quello di analoghi contributi pubblicati sul vostro e su altri siti web, condivido in pieno.
Sono un docente che ha iniziato la preparazione al concorso nell’ottobre del 2016 partecipando ad un corso di formazione, tenuto da dirigenti scolastici, ispettori e docenti di lingua, praticamente tutti i sabati e per tre anni fino all’ottobre 2019.
Anche io ho partecipato alla preselettiva sacrificando, come tutti, il mese di luglio 2018 in cui mi tappai in casa per 15 ore al giorno ad esercitarmi sulla banca dati messa a disposizione dal ministero.
Superata la prima prova ho ripreso a tutta forza la preparazione dello scritto e, per evitare di avere rimpianti, il giorno dopo la pubblicazione della data della prova mi misi in aspettativa rinunciando ad un mese di stipendio.
Il 18 ottobre, in un’alula gremita ed un’ atmosfera carica di tensione, ho svolto la prova scritta alla fine della quale ero soddisfatto ritenendo di avere dato tutto ed avere svolto il lavoro assegnatomi al meglio delle mie possibilità.
Fiducioso, come ho sempre fatto fin dai tempi dell’università, ho rimesso il mio operato nella mani dei valutatori di cui ero pronto ad accettare il giudizio anche se fosse stato a me sfavorevole.
Il 26 marzo, quando ho visto che il mio nome non era tra quelli inseriti nella lista di coloro che avevano superato lo scritto, ho avuto un’autentico shock seguito da una cocente delusione. Tre anni di lavoro vanificati ed il senso di un fallimento sinceramente inatteso e difficile da comprendere ed elaborare.
I quaranta giorni che ci hanno separato dalla possibilità di visionare i nostri elaborati sono stati duri e con un crescente senso di incapacità di capire in cosa avessi sbagliato e come fosse stato possibile avere fallito così clamorosamente l’obiettivo nonostante gli sforzi profusi ed i sacrifici affrontati.
Niente di paragonabile alla sensazione che ho provato la mattina del 9 maggio quando ho visionato il mio elaborato e, soprattutto, la valutazione ad esso attribuita.
A parte un quesito valutato 9,5/16 (ovvero circa 6, in decimi), in tutti gli altri mi è stato assegnato il minimo possibile ad ogni indicatore sia a quelli più “tecnici” che a quelli che riguardavano correttezza logico-formale e sintesi ed esaustività.
Negli altri quattro quesiti, infatti, i miei voti in decimi erano pari ad un 3-.
Inutile dire che a questo punto quella sensazione di incomprensibilità del risultato ottenuto è diventata un grido lacerante.
Ma il peggio doveva ancora venire.
Nei giorni successivi ho guardato e riguardato l’assurda scheda di valutazione (confrontandola anche con schede di altri elaborati che avevo potuto visionare perché di altri colleghi che avevano svolto la preparazione insieme a me e che, al contrario, erano stati ammessi a sostenere la prova orale) fino a che mi sono accorto di un particolare.
La scheda è stata creata due giorni prima della data “teorica” di correzione del mio elaborato che, dalla data del verbale (peraltro creato due giorni dopo) risulta essere avvenuta l’ultimo giorno di lavoro della mia commissione (un sabato).
Questa è la mia storia.
Concludo con una domanda a Lucia Chiara ed a tutti coloro che, legittimamente, vogliono che il loro percorso, frutto di lacrime e sangue, si concluda con con successo.
Cosa avrei dovuto fare? Tacere e tenere per me tutto questo. E’ giusto che i nostri figli vivano in futuro una esperienza simile? Devo anche spiegare a mio figlio che il lavoro paga sempre e che lo Stato siamo noi?
A tutti i vincitori del concorso, auguro il meglio.
Lettera firmata
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