Si è svolto questa mattina un incontro al ministero dell’Istruzione e del Merito sulle procedura concorsuali.
La notizia è che “a margine dell’incontro il Ministero ha comunicato che il secondo bando di concorso PNRR, che inizialmente era previsto per febbraio 2024, sarà spostato a settembre/ottobre 2024 per dare più tempo alle università di terminare i percorsi abilitanti al fine di ampliare la platea dei partecipanti”.
La quota da raggiungere, secondo quanto è emerso dall’incontro sarà di 20mila assunzioni entro il 2024, 20mila entro il 2025 e 30mila entro il 2026 per un totale di 70mila.
La Uil Scuola elenca tutti i punti critici segnalati al Ministero:
1) La distribuzione territoriale dei percorsi: in merito al fabbisogno dei docenti da abilitare nel prossimo triennio, comunicato dal MIM al MUR con nota prot. n. 19087 del 17 ottobre 2023, abbiamo evidenziato la necessità di un intervento correttivo che consenta di implementare i percorsi nelle aree geografiche dove non è prevista
l’attivazione.
2) Quote di riserva (docenti triennalisti nella scuola statale o paritaria compresi i docenti della IeFP): ad oggi risulta che gli Atenei, sui loro siti istituzionali, non abbiano fornito alcuna comunicazione in merito alla quota di riserva che, come previsto dal DPCM, è rivolta ai docenti triennalisti nella scuola statale o paritaria
compresi i docenti della IeFP.
3) Percorsi da 30 CFU/CFA rivolti ai docenti che hanno partecipato al concorso straordinario bis e ai docenti già abilitati o specializzati sul sostegno. Anche questi percorsi non sono citati, né nella nota ministeriale, né nelle comunicazioni degli Atenei. Per cui, ad oggi, non c’è nessuna notizia sui tempi di attivazione.
4) Limitazione di accesso ai percorsi: abbiamo ribadito come, ad oggi, non c’è nessuna certezza o comunque manca un chiarimento ufficiale con riferimento all’accesso ai percorsi senza selezione in ingresso.
Il sindacato sostiene che il fabbisogno calcolato dal Ministero è parziale rispetto alla platea dei docenti da abilitare. Per la Federazione UIL Scuola Rua, infatti, il fabbisogno non deve essere misurato solo in previsione dei prossimi concorsi, ma anche rispetto al fabbisogno reale dei docenti da abilitare per cui va implementato rispetto ai numeri che sono
stati comunicati dal MIM al MUR.
Per quanto riguarda le modalità di accesso ai percorsi, “abbiamo evidenziato come ad oggi mancano i criteri che si utilizzeranno nel caso in cui il numero delle richieste sia superiore ai posti messi a bando da ciascuna Università.
Se l’obiettivo è quello di abilitare il maggior numero possibile di docenti, come da noi auspicato, non ci può essere nessuna selezione in ingresso, ma solo al termine del percorso.
Per cui, se il numero dei docenti da abilitare per una specifica classe di concorso eccede il numero dei posti disponibili presso le Università, noi siamo contrari ad un test selettivo di ingresso. Su tale aspetto abbiamo suggerito la soluzione già attuata per i percorsi abilitanti del 2013 (i cosiddetti PAS) quando fu attivato un ingresso contingentato che, secondo noi, si potrebbe basare sull’anzianità del servizio.
L’altra questione urgente riguarda l’attivazione dei percorsi per i cosiddetti docenti “ingabbiati” ovvero chi ha un’abilitazione su altra classe di concorso, grado di istruzione o specializzati sostegno. Nella nota ministeriale del 17 ottobre e nella comunicazione degli Atenei, infatti, tali percorsi non sono menzionati per l’anno accademico in corso, ma comunque previsti dal DPCM. Se è vero, infatti, che tali percorsi non rientrano nel fabbisogno dei docenti da abilitare in quanto possono essere svolti anche in “soprannumero”, il non aver dato indicazioni agli Atenei sulla loro attivazione ne potrebbe rallentare l’attuazione.
L’obiettivo, per la Federazione UIL Scuola Rua, è quello di dare a tali docenti la possibilità di spendere la nuova abilitazione nella prossima mobilità professionale dei docenti (passaggi di cattedra e di ruolo).
Inoltre, continuiamo ad essere contrari rispetto all’eccessività dei costi: i tetti massimi di 2500 euro e di 2000 euro indicati nel DPCM, a seconda delle diverse casistiche relative all’acquisizione di 60, 36 o 30 CFU, sono sproporzionati e discriminanti, come se a monte si volesse attuare una sorta di selezione tra chi ha le possibilità economiche per
accedervi e chi invece non le ha.
In ultimo, abbiamo evidenziato la necessità di fornire ulteriori garanzie di accesso ai percorsi ai docenti con tre anni di servizio o che hanno superato il concorso straordinario bis.
Il Ministero, in sintesi, ha risposto che la priorità è stata quella di fornire alle Università il fabbisogno dei docenti da abilitare solo rispetto ai prossimi concorsi, ma che c’è comunque la massima attenzione per tutte le altre questioni poste, comprese quelle che riguardano i docenti “ingabbiati” e la modalità di accesso a percorsi, temi sui quali ha garantito il massimo confronto.
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