A meno di una settimana dell’inizio delle prime prove scritte, al ministero dell’Istruzione cominciano ad essere preoccupati.
La mancanza di candidature per ricoprire il ruolo di commissario e presidente delle commissioni, che andranno a verificare i circa 165mila candidati, non è infatti stata superata con l’annunciato raddoppio delle “diarie” stanziate dal Miur (tra l’altro ancora non finalizzata sotto forma di norma).
Al di là della difesa d’ufficio condotta, strategicamente, dal sottosegretario Davide Faraone, la realtà è che la maggior parte delle commissioni risultano ancora in alto mare o non complete. Il sacrificio temporaneo di una parte dei fondi previsti per il fondo di funzionamento scolastico, per finanziare proprio il raddoppio dei compensi destinati alle commissioni, non sembra quindi aver prodotto i risultati attesi Viale Trastevere. Oltre che dal premier Renzi, che aveva auspicato per primo un incremento delle quote da assegnare a commissari e presidenti.
Consci del fondato pericolo di giungere alle prove scritte con le commissioni numericamente “imperfette”, giovedì 21 aprile i responsabili ministeriali dell’organizzazione del concorso a cattedre hanno convocato tutti i direttori degli Uffici scolastici regionali. Per dire loro che in questa settimana scarsa che porterà alle prime verifiche della procedura concorsuale bisognerà darsi da fare per reperire i docenti mancanti.
E bisognerà farlo con le regole attuali, attingendo dal personale con almeno cinque anni di servizio di ruolo.
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Pensare di far fare il commissario ad un docente assunto da meno anni, infatti, comporterebbe dei problemi non indifferenti: come si può pensare che un neo-assunto possa andare a verificare l’operato di docenti mediamente attorno ai 40 anni di età, ma anche colleghi di ruolo (che hanno ottenuto il via libera dal Tar del Lazio) che hanno decisamente più esperienza e anche maggiori competenze degli esaminatori coinvolti in extremis?
Eppure, a ben pensarci, potrebbero essere proprio i docenti più giovani a togliere le castagne dal fuoco al Miur: perché, oltre al compenso che rimane irrisorio, anche se dovesse, come sembra, essere raddoppiato, rimane irrisolvibile il problema dell’impegno continuativo che raggiungerà l’apice nel bel mezzo dell’estate. Quando entreranno in scena gli orali e alle commissioni spetterà il compito di esaminare i candidati uno ad uno. Il tutto, all’interno di aule scolastiche prive di aria condizionata. E chi, meglio di un giovane, magari privo di partner e figli con cui condividere le ferie estive, può essere adatto a questo genere di esperienza?
Forse il Miur avrebbe potuto mettere sul “piatto” qualcosa in più. Non solo economicamente. L’amministrazione, ad esempio, avrebbe potuto esonerare commissari e presidenti dall’attività didattica e dagli impegni collegiali di fine anno (scrutini, collegi, ecc.), proprio perchè inseriti nelle impegnative commissioni dei concorsi. Ma non è stato fatto. Ed introdurre la norma ora (ammesso che si trovino i soldi per i sostituti), potrebbe rappresentare un boomerang organizzativo.
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