Ormai è risaputo: la scuola è in mano a ricorsi in tribunale e alle conseguenti decisioni dei giudici.
E il caso delle prove suppletive per il concorso a cattedra, espletate a un anno dal bando del Concorso 2016, ne rappresenta un esempio eclatante.
In sostanza lo strano secondo turno ha riguardato i candidati che in un primo momento erano stati esclusi perché sprovvisti dei requisiti previsti dal bando, ma poi, come spesso accade nel nostro Bel paese (i concorsi dirigenti docent), si sono visti dar ragione dai tribunali, almeno in via cautelare.
Ammessi con riserva, dunque, ma potenziali e possibili vincitori.
In attesa della sentenza definitiva le prove in primavera sono state così rinnovate. E monta così la preoccupazione dei legittimi vincitori, i quali si ritengono doppiamente beffati.
Se prima del loro svolgimento, infatti, le perplessità nascevano dalla difformità delle prove tra candidati che sarebbero stati inseriti in un’identica graduatoria e, parallelamente dalla questione dell’anonimato, oggi, che molte prove sono state svolte, la perplessità nasce dal fatto che in alcuni casi, per alcune classi di concorso, esse sono state simili, se non addirittura uguali, a quelle già proposte.
Insomma paradossalmente i ricorrenti hanno avuto più tempo per studiare e un percorso “facilitato” dal bis delle tracce.
Per molti sussistono dunque elementi validi per ricorrere avverso tali prove, negandone la legittimità.
I requisiti per la partecipazione al concorso, infatti, sono previsti chiaramente dal Decreto Interministeriale n. 460/98.
All’art. 1 del decreto si dice che: “A partire dal primo concorso a cattedre, per titoli ed esami, nella scuola secondaria bandito successivamente al 1° maggio 2002, e fatto salvo quanto disposto in via transitoria dagli articoli 2 e 4, il possesso della corrispondente abilitazione costituisce titolo di ammissione al concorso stesso e cessa la possibilità di conseguire l’abilitazione all’insegnamento nei modi previsti dall’art. 400, comma 12, del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297”.
Ed ancora, all’art. 4: “Possono partecipare al concorso anche i docenti non in possesso dell’abilitazione, qualora non ci fosse un numero sufficiente di abilitati (3 volte i posti disponibili)”.
In sostanza le prove suppletive non potevano essere approntate, dal momento che le università avevano già ampiamente provveduto alla formazione di migliaia di insegnanti per le scuole secondarie, con specifiche scuole di specializzazione, articolate in indirizzi presso le quali era stato conseguito un diploma di abilitazione all’insegnamento.
Inoltre sorge spontanea la domanda: ma questi ricorrenti, parecchi dei quali sprovvisti del titolo abilitante, condizione necessaria, come abbiamo visto, per partecipare al concorso, saranno inseriti nelle graduatorie di merito a pettine o in coda? La soluzione più giusta, che non leda i diritti dei vincitori “ordinari” sarebbe in coda, ma anche un bel pettine potrebbe essere in agguato.
Alla fine di questo ennesimo pasticcio, trionfa un’unica certezza. Che nell’Italia dove lo Stato di diritto è ormai un sogno, in un concorso pubblico, come per magia, verranno a ritrovarsi nella medesima graduatoria candidati che hanno sostenuto prove di natura differente (prima nuove, poi deja vu), svolte in momenti diversi con uno scarto temporale enorme.
Che cosa ne sarà delle graduatorie di merito del Concorso 2016 lo scopriremo solo vivendo…
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