Max Bruschi, ispettore del Miur, è intervenuto in merito al concorso docenti e sul parere rilasciato dal Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione.
Ecco il comunicato:
“Non entro nel merito politico del parere, ma mi limito ad alcune sottolineature di carattere giuridico, a partire dalle ‘premesse’. Il CSPI ha, da un lato, sottolineato come sia indispensabile, conforme con l’ordinamento giuridico europeo ed italiano e risolutivo del contenzioso ‘l’espletamento con cadenza regolare delle procedure concorsuali’. Dall’altro, ha compiuto una serie di notazioni che attengono non alla sfera del diritto, ma alla decisione squisitamente politica. In particolare, la ‘sentenza Mascolo’ (da leggersi in combinato disposto con la sentenza Affatato), se da un lato ha sancito l’incompatibilità delle norme italiane che consentono l’abuso di contratti a termine, non ha affatto imposto la stabilizzazione di chi di detti contratti ha usufruito.
Sul DM programmi, giusta la notazione sulla mancanza, nella parte giuridica, delle norme sui DSA (legge 170/2010) e delle Linee guida sui bisogni educativi speciali. Ma il punto 7, nella formulazione proposta dal CSPI, torma a proporre una differenziazione tra ‘alunni con disabilità’ e ‘alunni con bisogni educativi speciali’ che è un errore: i BES, infatti, ricomprendono al loro interno (come ben sanno i miei studenti, visto che sull’uso corretto del “nomen iuris” batto e ribatto) le tre categorie degli alunni con disabilità, alunni con disturbi evolutivi specifici (DSA compresi) e alunni con svantaggio economico sociale.
Sul DM titoli, l’uso della parola ‘ovvero’ è sancito dalla direttiva della presidenza del consiglio dei Ministri sulla stesura degli atti normativi, che rappresenta la ‘bibbia’ degli estensori giuridici, proprio per la sua ‘duplice valenza’.
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Quanto al punto A.4.1 (ove si parla di ‘idoneità’ per gli ITP, anziché abilitazione), il CSPI ha PERFETTAMENTE ragione. Si tratta di uno dei casi di oscillazione nell’utilizzo della terminologia che rappresenta una delle ‘colpe’ della normazione scolastica, e che sarebbe il caso di ‘sanare’ con la ‘reductio ad unum’ dei vari sinonimi (abilitazione, titolo abilitante, idoneità…) che tali, per la scienza giuridica, non sono.
Sul DM relativo ai requisiti per i componenti delle commissioni, sul regime di incompatibilità, che già fu oggetto di una “calda” riunione coi sindacati in occasione del concorso 2012, resto del parere che, a fronte di un orientamento giurisprudenziale nel segno della ‘moglie di Cesare che deve essere al di sopra di ogni sospetto’, sia cautelativamente opportuno che le incompatibilità vadano mantenute. Ricordo che intere procedure concorsuali furono mandate a picco proprio per la presenza di commissari con rapporti/nomine in qualche modo riconducibili ai sindacati.
Invece, mi sembra corretta la notazione relativa all’equiparazione dei docenti AFAM ai docenti universitari per la presidenza delle commissioni, su cui converge l’intero quadro giuridico”.
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