Ho letto in questi mesi strali e reprimende, da tutte le parti, sulla prova scritta del concorso ordinario, espletata secondo la modalità computer based.
Ebbene mi pongo un quesito: nel passaggio dal mio 88 della prova oggettiva, al 50 della prova orale, quale valutazione centra la mia preparazione? Qual è il sistema più difettoso e fallace?
La prova oggettiva, ancorché perfettibile e imprecisa o scorretta su talune domande, non ha certo la limitatezza del sapere dei commissari, parziale, lacunoso, basato su slogan, con argomenti preferiti e altri completamente ignorati.
La prova oggettiva assegna le stesse domande a gruppi ampi di partecipanti, è omogenea ed egualitaria; la differenza con gli altri candidati non dipende da simpatie o antipatie dei commissari; non è legata all’arbitrio e alla discrezionalità, a un esercizio di potere, per quanto non finalizzato a un beneficio personale.
La prova oggettiva è nozionistica ma ampia; non conoscere una risposta non pregiudica la prova; se la conoscenza di un argomento c’è ma non centra precisamente la domanda, si può rispondere col ragionamento e per esclusione; il fattore fortuna è minimizzato, non decisivo. Ciò che non è accaduto nella mia prova orale, dove oltre alla traccia, sono state poste in seduta 2 o 3 quesiti disciplinari, secchi, per i quali non è stata data la possibilità di arrivarci col ragionamento, se non si aveva subito la risposta pronta; domande diverse per ogni candidato, fortemente disomogenee nel coefficiente di difficoltà.
La prova oggettiva non dà importanza all’aspetto declamatorio e alla spigliatezza, che seppur un peso nella didattica debbano avere, questo peso non può essere discriminante e non si possono selezionare gli insegnanti alla stregua di venditori televisivi o youtuber.
La prova oggettiva non rileva nulla della personalità, dell’emotività, dei fattori e del percorso umano e formativo non curricolare dei candidati, ma questo non è grave, se le commissioni sono capaci ancora meno di giudicarli.
La prova oggettiva consente di prendersi pause per poter dare la risposta migliore in base alle proprie conoscenze, di riflettere, di autocorreggersi, non è un tour de force dove ogni secondo di silenzio corrisponde a punti tolti alla votazione finale.
La prova oggettiva non stanca la commissione, togliendo lucidità alla valutazione.
Mi sembra che il corpo insegnante si configuri sempre più come casta, seleziona solo repliche di se stessa e non c’è grande apertura verso la diversità, la non appartenenza, la selezione egualitaria. Non è un caso che la prova oggettiva sia stata condannata unanimemente dal corpo docenti, che si sono visti (provvisoriamente) scavalcati nella nomina dei loro successori.
Lettera firmata
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