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Concorso docenti, sui ricorsi degli esclusi giustizia amministrativa a singhiozzo

Ogni giorno che passa, si fa sempre più complicato il fronte giudiziario sul concorso a cattedre del 2016.

Dopo le centinaia di ricorsi depositati al Tar Lazio che hanno messo in crisi l’organizzazione del Tribunale di via Flaminia, dove si è dovuto distribuire fino a luglio i ricorsi per la discussione delle istanze cautelari proposte, il quadro si complica sempre di più man mano che intervengono le prime pronunce.

Se in primo grado il Tar ha mantenuto fermo il proprio orientamento iniziale, accogliendo soltanto i ricorsi proposti dai docenti di ruolo e rigettando, per il momento solo con ordinanze rese in fase cautelare, le altre tipologie di ricorsi (dei diplomati magistrale ad indirizzo linguistico, dei non abilitati, dei docenti in procinto di conseguire l’abilitazione mediante Pas e Tfa, degli specializzandi di sostegno e degli aspiranti Itp), si registrano pronunce contraddittorie in sede d’appello.

In un primo momento infatti, il Consiglio di stato aveva dato un segnale ben preciso, sospendendo la prima sentenza negativa emessa dal Tar sui diplomi ad indirizzo linguistico, e consentendo la partecipazione con riserva ai docenti privi di abilitazione.

In attesa del deposito delle sentenze “brevi” preannunciate dal Tar sui ricorsi discussi all’udienza del 5 maggio, dopo le decisioni rese sui ricorsi discussi all’udienza del 19 maggio, si registra ora un diverso approccio da parte del Consiglio di Stato in sede d’appello.

Con due ordinanze depositate il 10 giugno, infatti, il Consiglio di Stato sembra aver rimesso in discussione la propria originaria apertura.

 

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Su uno dei ricorsi relativi al diploma ad indirizzo linguistico, i Giudici di Palazzo Spada hanno infatti negato l’ammissione con riserva al concorso, disponendo una sollecita discussione nel merito, rassicurando però sul fatto che “che le posizioni giuridico-soggettive degli appellanti, in caso di eventuale esito positivo del contenzioso, potranno trovare tutela in una sessione riservata di esami”, mentre su uno dei ricorsi dei non abilitati, ha clamorosamente rigettato la richiesta di ammissione con riserva rilevando che “il ricorso non risulta assistito da fumus boni iuris (n.d.r. apparente fondatezza), atteso che l’abilitazione all’insegnamento quale ulteriore requisito necessario per essere ammesso al concorso trova un puntuale fondamento normativo, che opera anche con specifico riferimento al concorso oggetto del giudizio (non risultando applicabile la deroga prevista dal regime transitorio)”.

Resta fermo invece, l’orientamento positivo in ordine ai docenti in procinto di conseguire l’abilitazione mediante i Pas ed i Tfa.

A pochi giorni dalla conclusione delle prove scritte per tutte le classi di concorso, e quindi ormai a cose fatte, ci si aspettava, in verità, una presa di posizione più netta da parte della Giustizia amministrativa la quale, però, quantomeno in sede d’appello, sta lanciando segnali assolutamente contraddittori, emettendo pronunce di tenore opposto da un giorno all’altro.

Di contro, il Tar si è preso – stranamente – già fin troppo tempo per depositare le sentenze “brevi” preannunciate in esito all’udienza del 5 maggio.

L’unico soggetto che fin’ora non ha avuto grane è proprio il ministero dell’Istruzione, che grazie anche all’insolita lentezza del Tar Lazio, ha potuto condurre in porto con una relativa tranquillità le prove scritte, rinviando sine die i pensieri circa eventuali sessioni suppletive d’esame, se e quando verranno ordinate dai giudici amministrativi.

 

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Dino Caudullo

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