“Meglio un somaro in cattedra o un somaro a spasso?”: inizia così l’articolo di Gian Antonio Stella sul Corriera della Sera sul boom di non ammessi agli orali del concorso docenti 2016.
Nel cercare i motivi della debacle per circa la metà dei partecipanti agli scritti, il giornalista non è tenero con i docenti. “Tra i 71.448 candidati già esaminati agli «scritti» di 510 «procedure», solo 32.036 sono stati ammessi agli orali. Il 55,2%, infatti, non è stato ritenuto all’altezza. Più bocciati al Nord, meno al Sud”, scrive Stella.
Non manca la proiezione di bocciati:“se andrà così anche nelle graduatorie in arrivo fuori tempo massimo (315 per un totale di 93.083 candidati, in larghissima parte per l’infanzia e la primaria) è probabile un buco di circa 23 mila posti vacanti. Uno su tre. Troppo selettive le prove o troppo impreparati i concorrenti? Le due cose insieme, probabilmente”.
Poi, però, Stella lascia lo spazio alla disamina di Tuttoscuola, parlando di “una scarsa capacità di comunicazione scritta, in termini di pertinenza, chiarezza e sequenza logica e una carenza nell’elaborare un testo in modo organico e compiuto. Si ricava anche un campionario di risposte incomplete, errori e veri e propri strafalcioni, che sorprendono in maniera più acuta per il tipo di concorso in questione, ovvero una selezione tra chi si candida a insegnare alle nuove generazioni”.
La conclusione è cruda. E ingenerosa. “Pare l’indizio che la professione di insegnante basata sul vecchio patto non scritto «ti pago poco ma ti chiedo un po’ meno» ha finito per essere «inevitabilmente considerata non una prima scelta da parte dei migliori studenti universitari (fatte salve le eccezioni, che per fortuna non mancano), e anzi da molti una seconda o terza scelta».
L’articolo non è piaciuto a molti docenti. Anche noi abbiamo pubblicato articoli di protesta: “E’ un continuo attacco su tutti i fronti a questa categoria, che come tutte le altre categorie annovera persone molto capaci, professionisti seri e competenti, ed anche persone meno capaci”, scrive un nostro lettore.
Pure i sindacati non l’hanno presa bene. Maddalena Gissi, segretaria generale Cisl Scuola, parla di “qualche eccesso di disinvoltura: potrà forse risultare efficace giornalisticamente, ma è assai poco rispettoso della realtà, oltre che di qualche decina di migliaia di persone”. E parla di “procedura concorsuale piena di limiti e difetti”.
Stessa linea per l’Anief, secondo cui “il concorso a cattedra in corso di svolgimento è stato caratterizzato da continui problemi organizzativi ed errori clamorosi”, con “tanti di quei docenti, oggi bocciati, che hanno acquisito la loro abilitazione – fa presente Marcello Pacifico, presidente di Anief – con le Ssis universitarie”, le scuole di specializzazione per la formazione degli insegnanti. “Per accedervi – prosegue la nota dell’associazione sindacale – hanno superato dure selezioni, tenute da accademici anche sulla base del loro voto di laurea. Sono stati scelti da supervisori, docenti di lungo corso, almeno 10 anni di ruolo, certificazioni di competenze di primo livello ed esperienze pregresse, che sono stati a loro volta selezionati attraverso un vero e proprio concorso per formatori, vivendo sulla loro pelle un percorso di accesso che non ha precedenti”.
“Ora – conclude il sindacalista – , però, si prende per oro colato il giudizio espresso nel 2016 da commissioni, spesso improvvisate, su risposte a discutibilissimi quesiti. Facendo passare gli abilitati Ssis per asini”.
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