Politica scolastica

Concorso DS: i docenti veneti esaminati a Cagliari e i sardi a Padova. Il MIUR teme se stesso

La nota ministeriale con cui vengono definite le modalità di abbinamento fra i candidati e le sottocomissioni del concorso per dirigenti scolastici lascia francamente un po’ perplessi.
In concreto ogni candidato verrà assegnato ad una sottocomissione o ad un’altra in modo del tutto casuale.
Questo significa che un candidato residente a Udine potrà essere esaminato a Palermo e un candidato di Trapani potrà andare a finire nella sottocomissione insediata a Bologna o a Venezia.
Le motivazioni addotte nella nota ministeriale sono assolutamente nobili: “la distribuzione dei candidati tra le commissioni – si legge – è stata effettuata con un criterio oggettivo, al fine di garantire la massima trasparenza ed imparzialità della procedura concorsuale”.
Ora, garantire l’imparzialità è certamente buona cosa ma c’è da chiedersi se non si potessero individuare strumenti diversi, meno onerosi per i partecipanti.
E, soprattutto, c’è da chiedersi:ma con questo meccanismo si riuscirà ad eliminare davvero il malaffare?
A parere di chi scrive la risposta è assolutamente negativa.
Facciamo un esempio semplicissimo: l’insegnante X che abita a Torino può vantare la “raccomandazione” di un importante e influente personaggio pubblico del suo territorio; quindi – secondo gli ideatori del meccanismo – sostenendo l’esame a Bari la sua “raccomandazione” non gli servirà a nulla. Ma è del tutto ovvio che se il personaggio pubblico torinese è davvero molto influente sul suo territorio non avrà la benché minima difficoltà a trovare un amico barese a fargli il piccolo favore di “avere un occhio di riguardo” per il suo “pupillo”.
Ma anziché usare questi “pannicelli caldi”, se si vogliono davvero estirpare il malaffare e il malcostume non sarebbe molto più semplice applicare con il massimo rigore possibile le norme già in vigore e “buttare fuori” dalla Pubblica Amministrazione chiunque si macchi di illeciti di questo genere?
Ma è mai possibile che i vertici dell’apparato burocratico dello Stato, che peraltro possono contare anche su stipendi non del tutto disprezzabili, non siano in grado di individuare soluzioni intelligenti ma anche semplici ed efficaci?
Un tempo, prove scritte e orali si svolgevano a Roma per tutti. Non si potrebbe continuare come da tradizione?  Si teme che i docenti romani possano essere favoriti?  Allora tutti a Roma ad eccezione dei laziali che potrebbero fare l’esame a Milano.
Una domanda su tutte però sorge spontanea: nelle commissioni del concorso ci sono ipettori, docenti universitari e funzionari ministeriali; l’apparato ministeriale dà per scontato costoro siano facilmente corruttibili? E’ questa la percezione che l’amministrazione dello Stato ha di se stessa? E, per concludere, se già l’amministrazione percepisce se stessa in questo modo, come si può pretendere che i cittadini si fidino del sistema pubblico?

Reginaldo Palermo

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