Ancora una volta, un concorso per la scuola senza rispetto per la SCUOLA. Ancora una volta, un concorso pensato da chi nella scuola non ci vive.
Classe di concorso di lingua e letteratura inglese. Ci si siede davanti ad un computer, senza tastiera (che è vietato utilizzare!), dove le parole non vengono create ma già selezionate, un 1984 targato 2022, dove il linguaggio è già stato dato e basta cliccare su una x per esprimere tutto quello che ogni giorno si prova, o si desidera provare, a costruire tra i muri crepati dei nostri istituti.
100 minuti per fare il primo passo verso quello che dovrebbe essere uno dei lavori più preziosi per la comunità.
Raffica di domande riguardanti gli ormai famosi livelli di competenza linguistica che l’Europa richiede ai cittadini, risposte composte solo da lettere e numeri, C1, B1.1, B2…, neanche fossero nomi di asteroidi o pianeti della galassia, per farci sognare ancora con il Piccolo Principe.
Ridicole domande di letteratura e storia anglo-americane, incipit di famosi romanzi, che neanche nei talk-show vanno più di moda, scomposte e ridicole riflessioni sulla metodologia, quasi per non fare brutta figura, le famose cinque domande di informatica, perché questi docenti devono saper affrontare i piani di scuola digitale, che diamine!
Neanche una domanda sugli stili di insegnamento/apprendimento, sull’individualizzazione e la personalizzazione degli obiettivi, sulla Costituzione.
La scuola non è questo. La scuola non deve certificare competenze, la scuola far crescere le persone che la abitano, insegna a ragionare e a mettersi in discussione, a guardare con lenti colorate quello che neanche aspettavi di vedere. La scuola deve avere docenti che sappiano guardare e ascoltare, e che siano in grado di far conoscere il valore della conoscenza. La scuola insegna la meraviglia della diversità.
Le certificazioni linguistiche poi, sono ormai parte di un sistema solo privato, dove il denaro è signore e chi valuta non ha bisogno di sapere a memoria ogni singolo livello, perché basta averlo scritto su una griglia, neanche troppo difficile da leggere e capire, per compilare un certificato.
Credo nella scuola dell’intelligenza emotiva e delle intelligenze multiple, dove le parole per esprimersi, in ogni lingua, vengono cercate con cura e dove al centro del processo ci sono le persone, non lettere e numeri, con cui rischi di giocarti un futuro.
Sono molto amareggiata per la prospettiva che il lavoro sull’educazione sta assumendo. Sono molto preoccupata per quello che ci aspetta.
Break a leg, ci diciamo, ma qui ci rompiamo tutti.
Irene Archini
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