In questi giorni si stanno svolgendo le prove concorsuali computer based (CBT) per la scuola secondaria volte all’accertamento delle competenze e delle conoscenze dei candidati sulle discipline afferenti alla classe di concorso per cui concorrono, sulla conoscenza della lingua inglese al livello B2 del Quadro Comune Europeo di Riferimento per le lingue e sulle competenze digitali inerenti l’uso didattico delle tecnologie e dei dispositivi elettronici multimediali più efficaci per potenziare la qualità dell’apprendimento.
La nuova procedura mira a semplificare la prova concorsuale e renderla più agevole rispetto ai tempi di svolgimento che, invece, richiedono le tradizionali prove scritte.
Non si è ancora in possesso di dati ufficiali ma dalle diverse testimonianze dei candidati pare che la percentuale di ammessi alla prova orale sia bassissima confermando così l’andamento già registrato con le prove del concorso relativo alle discipline STEM dell’estate scorsa.
Si può pensare da una parte ad una scarsa preparazione da parte dei candidati o, dall’altra, ai quesiti che hanno una taratura talmente elevata per cui difficilmente si riesce a rispondere.
I candidati, ad eccezione degli ITP (insegnanti tecnico-pratici), sono laureati e si ritiene che debbano conoscere i nuclei fondanti della propria disciplina, altrimenti si deve mettere in discussione il sistema formativo accademico. Il problema può derivare, quindi, dai quesiti che lasciano poco spazio al candidato di dimostrare quelle competenze che sono richieste dal bando stesso. Il concetto di competenza non è certamente accertabile nel tempo di due minuti che ogni quesito mediamente rende disponibili per rispondere. I quesiti che richiedono un nome specifico di un attrezzo utilizzato in agricoltura o di individuare da un passaggio di un’opera letteraria chi sia l’autore del romanzo, possono dimostrare, in così poco tempo, solo l’ottima memoria del candidato e non certamente come egli può fare acquisire agli allievi conoscenze e fare esercitare abilità.
Bisogna anche evidenziare che talune classi di concorso abbracciano molteplici aree disciplinari per cui il test richiede conoscenze che solo chi è in possesso di una memoria formidabile può ricordare. Se so che Napoleone è francese ed è nato ad Ajaccio ma non ricordo quando, oggi posso facilmente recuperare questa informazione. Chiedere al docente come contestualizzare storicamente questa figura è certamente più coerente ad una didattica che mira ad accrescere le conoscenze e le abilità degli studenti e delle studentesse che, debitamente acquisite, poi diverranno competenze.
A tal proposito lo stesso Decreto n. 201 del 20 aprile 2020 di indizione del concorso, nella sua premessa fa riferimento al decreto n. 254/2012 sulle indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione che per le istituzioni scolastiche rappresentano il riferimento per progettare il curricolo d’istituto, così come previsto dalla normativa sull’autonomia scolastica, rilanciata nel 2015 dalla legge 107, cd “Buona Scuola”. Le “Nuove indicazioni” del 2012 forniscono alle scuole gli obiettivi specifici di apprendimento e i traguardi di competenza per la progettazione educativo-didattica per cui richiedono al docente moderno competenze sia progettuali sia a carattere didattico e psico-pedagogico. L’ampia letteratura scientifica in questo campo informano che l’apprendimento fa riferimento a teorie ben precise. Anche gli studi sull’intelligenza emotiva devono essere bagaglio del docente della scuola dell’autonomia.
Si ripropone, quindi, il tema del reclutamento dei docenti che non può basarsi su un quiz di tipo contenutistico ma su un sistema, una procedura che permetta di reclutare i docenti preparati certamente sul piano disciplinare ma capaci di gestire la dinamica insegnamento-apprendimento.
Se si intende contrastare il fenomeno della dispersione scolastica, ancora molto diffuso soprattutto nelle aree più popolari e periferiche delle nostre grandi città, il ruolo del docente diventa strategico per cui se non debitamente preparato rischia di riproporre agli allievi un nozionismo che provocherà rifiuto e disinteresse da parte dei discenti e, spesso, comportamenti oppositivi.
Il dibattito che ne può scaturire, pertanto, è tra coloro che rimpiangono la scuola “seria” e selettiva del passato e chi, invece, promuove una scuola inclusiva. Riprendendo Don Milani e la sua “Lettera a una professoressa”, la risposta la possiamo trovare nella nostra Costituzione che all’art. 34 recita una frase semplice e illuminante che sgombera il campo da ogni dubbio: “La scuola è aperta a tutti”.
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