Se il futuro della nostra scuola ci stesse a cuore, non permetteremmo lo svolgimento di questo concorso ordinario e saremmo indignati per il modo vergognoso in cui si pretende di valutare la preparazione di aspiranti docenti.
Una batteria di domande a risposta multipla. Perché non valutare la capacità di argomentare su un argomento disciplinare?
Perché bisogna essere veloci, non nell’indire i concorsi ma nella valutazione. L’indizione può aspettare tempi infiniti, avvenire poi all’improvviso e attuarsi in tempi brevissimi.
In breve: aspettate fiduciosi, invecchiate nell’attesa, poi, da un giorno all’altro, saprete che da qui a un mese, ci sarà il concorso. Con quali modalità? Il quizzettone stile “Eredità”: conduce il Miur. Peccato, Flavio Insinna almeno ci avrebbe aiutato a riderci sopra, a non prendere sul serio le domandine stile Invalsi a cui sottoporre i malcapitati.
Programma definito? No. I concorsisti sappiano che avranno domande su tutto lo scibile relativo alle loro discipline. Un esempio per la storia: dalla comparsa dell’uomo sulla terra ai giorni nostri. Sui programmi scolastici? No. E perché? Riduttivo. La complessità della storia ridotta a risposte univoche formulate in modo contorto e capzioso, al punto da essere talvolta del tutto prive di senso e con lo scopo evidente di indurre in errore. Non dimentichiamo la strategia da guerra fredda del distrattore.
La scuola ha bisogno di docenti appassionati delle loro materie che sappiano a loro volta appassionare ad uno studio fatto di curiosità e ricerca, Docenti che facciano amare la conoscenza facendone assaporare la bellezza. Docenti che guardino oltre il confine ristretto di una scuola sempre più ostaggio di una sterile burocrazia e che, soprattutto, siano capaci di guardare oltre i destini a volte già segnati dei propri alunni.
E, prevengo la facile obiezione, docenti preparati e che conoscano le discipline oggetto del loro insegnamento. Il problema è capirsi sul concetto di conoscenza: ricordare il colore dei cavalli in una battaglia può essere superfluo, conoscerne motivazioni e pretesti, fondamentale; non ricordare la data esatta della pubblicazione di un’opera non è grave, non saper collocare un autore nel suo tempo e non saperne individuare la poetica, sì.
Peccato che le domande in questione preferiscano date e cavalli. E peccato che molti dei concorsisti siano giovani docenti da anni già impegnati nella nobile professione dell’insegnamento. Giovani docenti che ogni anno cambiano scuola e che lasciano un segno per la loro capacità di interagire con gli alunni e per l’entusiasmo con cui si rapportano al loro lavoro. Giovani docenti poco preparati sui colori equini ma colti, nel senso pieno del termine, provenienti in molti casi da master e dottorati.
Un sistema di valutazione vergognoso li farà fuori. Ma non saranno loro a doversi vergognare.
Germana Saccardi
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