Analizzando i tabulati dei docenti ammessi alle prove scritte del concorso ordinario per l’insegnamento nella scuola secondaria di primo e secondo grado e sentendo i commenti di tanti docenti bravi, che non sono stati ammessi alla prova orale perché non hanno raggiunto i 70 punti, non avendo saputo rispondere alle numerose domande astruse, riferite a volte a particolari minuzie dei vasti programmi disciplinari, viene da chiedersi: il Ministero dell’Istruzione che tipo di docente seleziona per la scuola di domani?
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Un erudito cultore eclettico, allenato al gioco delle domande del programma televisivo dell’Eredità? Un tecnico specializzato nel settore dotato di eccellente memoria e capacità discriminatoria? Un candidato baciato dalla fortuna che mette le crocette al posto giusto?
I 50 quesiti a risposta chiusa, comprendenti anche i 10 quesiti di accertamento delle competenze linguistiche e informatiche, per diverse classi di concorso sono state una vera “ghigliottina”. Eppure non si può affermare che tutti i partecipanti esclusi fossero impreparati, alcuni sono arrivati a 68 punti.
Nelle procedure adottate prevale il criterio di rigorosa selezione per ridurre al massimo il numero degli ammessi all’orale e quindi si adotta il criterio di domande che, pur se inerenti alla disciplina, non trovano alcun riferimento all’azione didattica che il candidato dovrà svolgere, una volta superata la prova.
Gli esami sono certamente una prova e necessitano di criteri e forme capaci di coniugare la finalità didattica e la celerità nella selezione, attraverso la tecnica “computer based”.
Mentre nel bando originario si faceva riferimento alla conoscenza delle tematiche relative all’allegato “A” che in premessa collegava le leggi, l’organizzazione scolastica, le metodologie, nelle prove somministrate sembra prevalere soltanto l’apparato disciplinare che per alcune classi di concorso, prevedendo la confluenza di diversi percorsi universitari di studio, rende difficile trovare la soluzione esatta a tutti i quesiti, specie se riguardanti particolari aspetti della disciplina.
E la dimensione educativa?
E’ sufficiente alla scuola di domani un docente “tecnico, riflessivo, operativo”? Sembra proprio che in questo modello di selezione la dimensione educativa, che dovrebbe prevalere nell’azione didattica, non venga presa in considerazione.
L’équipe dei docenti che prepara le molteplici domande a risposta chiusa è veramente convinta che le conoscenze che risultano accertate dalle prove di esame definiscano l’identikit del docente competente nella disciplina e quindi capace di saperla insegnare? Oppure è una gara di nozionismo, di minuterie, di sottigliezze secondarie utili soltanto ad aumentare il numero dei non ammessi. Analizzando i testi sembra quasi che prevalga “il piacere di bocciare” e non la logica della selezione del docente esperto e competente “che sa e sa insegnare”.
Sono questi gli interrogativi a margine della complessa macchina organizzativa del concorso che dovrà assicurare a settembre l’immissione in ruolo di tanti docenti e colmare le cattedre vuote che nel frattempo saranno occupate dalla moltitudine dei docenti precari e di sostegno senza titolo.