Continuano, con toni anche piuttosto “pesanti”, le polemiche sulla partecipazione di Lucia Azzolina al concorso per dirigenti scolastici.
Per capire i motivi della polemica è bene ricostruire un po’ l’intera vicenda.
Intanto va detto che il concorso per dirigenti scolastici venne preannunciato già nel 2016 e bandito negli ultimi mesi del 2017 quando cioè Lucia Azzolina non solo non era in Parlamento ma forse non era neppure ancora candidata alle elezioni politiche.
La prova preselettiva era prevista inizialmente per i primi mesi del 2018 ma venne poi calendarizzata per il mese di novembre di quell’anno.
Quando ebbe inizio la procedura selettiva, Lucia Azzolina era una deputata, membro della Commissione Cultura.
Sempre da “semplice” deputata, Azzolina partecipò alla prova scritta nel mese di ottobre 2018 e ancora da deputata sostenne la prova orale nell’estate del 2019.
L’incarico di sottosegretario, infatti, arrivò nel mese di settembre 2019, con il secondo Governo Conte.
Nella graduatoria finale di merito, Azzolina venne collocata alla posizione 2543 senza poter essere quindi immessa in ruolo già nel settembre 2019 quando vennero assunti circa 2mila neodirigenti.
Successivamente, però, i posti sono stati aumentati, come peraltro spesso accade nei concorsi pubblici: sono stati infatti messi a disposizione i posti resi liberi per i pensionamenti o per altri motivi (dimissioni volontarie, decessi, ecc..).
Con questa ulteriore “infornata” si arriverà così a nominare fino alla posizione 2.500 circa e quindi l’assunzione di Lucia Azzolina potrebbe essere imminente.
Le polemiche riguardano più di un aspetto, a partire proprio dal fatto che il numero dei posti sarebbero stati aumentati proprio nel tentativo di far rientrare anche la Ministra, ma – come abbiamo detto – l’aumento dei posti in corso d’opera avviene regolarmente in quasi tutti i concorsi.
C’è poi il fatto che sulla procedura concorsuale è pendente un ricorso al TAR che aveva a suo tempo annullato il concorso, annullamento impugnato dal Ministero che nel frattempo ha comunque proceduto alle assunzioni anche allo scopo di non lasciare 2mila istituti scolastici italiani privi di dirigente.
E ovviamente c’è chi sostiene che in realtà la decisione del Ministero è stata presa anche per “salvare” la stessa Azzolina (ricordiamo però che quando venne presa quella decisione, la Ministra era ancora una deputata).
In proposito va anche aggiunto che a il Consiglio di Stato si dovrebbe pronunciare sulla richiesta di annullamento della procedura concorsuale avanzata dai ricorrenti e se dovesse accogliere le loro ragioni, la questione potrebbe prendere una nuova piega, anche se appare molto probabile che, a quel punto, tutto verrebbe “sanato” con un provvedimento legislativo.
La Lega, per parte sua, solleva addirittura un problema di opportunità e parla, neppure troppo fra le righe, di conflitto di interesse.
C’è dunque da aspettarsi che quando la Lega sarà di nuovo al Governo possa farsi promotrice di una riforma complessiva delle norme di accesso ai pubblici impieghi in modo da limitare in qualche misura la partecipazione ai concorsi pubblici dei cittadini italiani che ricoprano cariche pubbliche di un certo rilievi (deputati e senatori ma anche consiglieri regionali o sindaci delle città metropolitane).
Ma, al di là di tutte queste polemiche, cosa potrebbe capitare nel momento in cui Azzolina dovesse essere nominata dirigente scolastica? Andrebbe in una scuola ad assumere l’incarico?
La risposta è, ovviamente, negativa.
Verrebbe applicato in quel caso l’articolo 68 del Testo Unico 165 del 2001 relativo al Pubblico Impiego.
L’articolo regolamenta l’istituto della “aspettativa per mandato parlamentare” e recita: “I dipendenti delle pubbliche amministrazioni eletti al Parlamento nazionale, al Parlamento europeo e nei Consigli regionali sono collocati in aspettativa senza assegni per la durata del mandato”; la disposizione precisa poi che il collocamento in aspettativa è automatico e non necessita di una domanda da parte del dipendente interessato.
La legge, insomma, già prevede che il dipendente pubblico possa diventare parlamentare e stabilisce delle regole in merito.
Appare però improbabile che si possa limitare il diritto di un parlamentare o di un consigliere regionale a partecipare ad un concorso pubblico: a meno di non pensare ad una legge di rango costituzionale che modifichi in modo significativo i requisiti di accesso.
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