Concorso per presidi, anche la magistratura penale faccia luce!

Continua a far parlare l’ultimo concorso a preside, in Calabria, attualmente al vaglio dei giudici del Consiglio di Stato. Ad esprimere forti perplessità è l’avvocato penalista Pasquale Italiano, legale di  una candidata bocciata agli orali.

Quali sono, secondo Lei, gli aspetti più oscuri della selezione?

Mi limito ad evidenziare gli aspetti poco chiari delle prove orali, essendomi interessato solamente di tali profili. Credo sia inverosimile che la Commissione, in sede di determinazione delle domande da porre ai candidati, abbia rispettato le modalità deliberate nella riunione preliminare. In particolare, che le domande poste ad ogni candidato siano state effettivamente sorteggiate prima dell’inizio di ogni prova. Infatti, attesi gli intervalli di tempo tra un colloquio e l’altro- mediamente di venti minuti- e gli adempimenti cui la Commissione era tenuta in questo lasso di tempo, tra la valutazione del candidato precedente e la predisposizione delle domande da sottoporre al candidato successivo(che prevedeva diversi passaggi) il tempo impiegato per determinare le domande da porre ad ogni candidato è stato di non più di 10-15 minuti. Sfido chiunque dotato di umane capacità a compiere in così breve tempo la seguente mole di lavoro: predisporre 60  quesiti, previo sorteggio; ripartirli in buste; sigillare le stesse; riporle in cinque contenitori, avendo cura che ciascuno di essi contenesse una determinata tipologia di domande. Secondo me, anche la magistratura penale, investita della questione, dovrebbe accertare i tempi di svolgimento delle prove orali e, rapportandoli a quelli che presumibilmente sarebbero occorsi, stabilire se la Commissione è incorsa in reati di falso.  A mio parere, la magistratura amministrativa, investita per prima, avrebbe potuto e dovuto, con i mezzi istruttori di cui il processo amministrativo dispone, far luce sui dubbi legittimi  sollevati circa la correttezza dell’operato della Commissione. Non lo ha fatto finora, rivelando le ataviche “difficoltà” ad entrare, con il dovuto zelo,  negli ambiti della discrezionalità amministrativa. Segno che ancora non è stata raggiunta la completa parità, dinanzi alla legge, tra la pubblica amministrazione e il privato, perlomeno sul piano dell’approccio libero e scevro da prevenzioni.

Come ha visto, Lei, il “fumus” rilevato dal Consiglio di Stato?

Il Consiglio di Stato, investito della domanda di sospensiva sulla vexata quaestio dell’incompatibilità del Presidente Viscomi, sospendendo il concorso aveva sposato i dubbi dei ricorrenti sull’opportunità- legittimità dell’incarico assunto dal Prof. Viscomi di presiedere il concorso, e invitato il Tar di Catanzaro ad indagare sulla fondatezza delle censure. Invece, l’organo periferico di giustizia ammnistrativa non è andato oltre l’apparenza formale del nodo cruciale: il corso tenuto dal Presidente Viscomi prima dello svolgimento del concorso sarebbe stato di mero perfezionamento, senza sindacare le dinamiche di tale corso, che hanno ingenerato molti sospetti.

Lei ha seguito gli orali. Ha notato delle disparità di trattamento o altri comportamenti poco chiari da parte della commissione?

A parte le oggettive discrepanze testé esposte, per poter giudicare se ci siano state disparità di trattamento o altri comportamenti poco chiari da parte della Commissione, bisognerebbe aver assistito a tutti gli esami orali.

Cosa ne pensa degli strafalcioni riscontrati nei compiti degli ammessi alle prove orali?

Se ci sono stati realmente, essi attestano un livello di preparazione di taluni candidati non consono alla funzione per la quale hanno concorso.

Secondo Lei, la giustizia, prima o poi,  farà prima su questo tormentato concorso?

In Italia i tempi della giustizia sono lunghi, soprattutto quelli della giustizia amministrativa. Più il tempo passa, più si affievolisce  l’interesse ad avere risposte alla domanda di giustizia, con la conseguenza che viene meno la fiducia nelle istituzioni. Ma, in questo caso, non bisogna smettere di sperare, anzi si deve continuare a lottare senza lasciarsi vincere dalla rassegnazione.   

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