Un po’ sorpresa, è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale nella serata del 7 maggio il decreto che regolamenta il concorso infanzia e primaria. Invece, per la scuola secondaria, la procedura sembra ingarbugliata, per molti motivi. Primo fra tutti quello relativo ai precari con 36 mesi di servizio, compresi fra i partecipanti al concorso con una quota riservata che però potrebbe aumentare.
In effetti, la situazione rimane incerta. Tutto è legato all’intesa del 24 aprile fra Ministero dell’Istruzione e sindacati, che ha aperto un dialogo fra le parti, tanto da programmare tavoli tecnici per ogni tema. Il primo si è tenuto il 6 maggio, e riguardava proprio il precariato ed il reclutamento dei docenti. Al momento, non sono emerse importanti novità: dall’analisi dei possibili aspiranti precari è emerso che il numero complessivo dei docenti con 3 annualità, ad oggi, risulta essere di 55.604.
In base al testo dall’intesa firmata il 24 aprile, “in via transitoria, il Governo, si impegna a prevedere percorsi abilitanti e selettivi riservati al personale docente che abbia maturato una pregressa esperienza di servizio pari ad almeno 36 mesi finalizzati all’immissione in ruolo”.
L’idea, confermata anche nel corso del primo incontro del 6 maggio, è quindi quella di attivare dei PAS a pagamento, gestiti dalle Università, che possa portare direttamente al reclutamento dei precari.
E qui iniziano le possibili distanze fra Miur e sindacati: quello che emerge sembra essere un chiaro no da parte del Ministero per un Pas aperto a tutti i 50 mila potenziali interessati, anche perchè non ci sarebbero le condizioni anche a livello organizzativo. L’amministrazione avrebbe infatti proposto un PAS per 20 mila posti, non di più. Il resto della platea, quindi, andrebbe a riversarsi sul concorso scuola secondaria, dato che avrebbe delle agevolazioni.
L’altro canale su cui potranno fare riferimento i docenti precari storici, è quello relativo alle agevolazioni al prossimo concorso scuola 2019: per chi ha già maturato almeno 36 mesi di servizio come supplente è prevista già una quota di riserva al prossimo concorso per la scuola secondaria. Tale quota, come preannunciato, potrebbe aumentare dall’attuale 10% previsto dalla legge di bilancio 2019. L’esatta percentuale ancora non è data saperla, ma nei giorni scorsi avevamo riferito di un’ipotesi del 35%. Non è escluso che tale quota possa arrivare al 50%, proprio in seguito all’accordo fra organizzazioni sindacali e Ministro. In tale accordo, ricordiamo, è previsto l’ingresso senza prova preselettiva dei precari al concorso, una quota riservata e l’assenza del requisito dei 24 CFU.
A questa quota riservata, si deve aggiungere anche che nelle graduatorie di merito i titoli dei precari varranno il 40% del punteggio complessivo.
Tra i titoli valutabili sarà particolarmente valorizzato il servizio svolto presso le istituzioni scolastiche del sistema nazionale di istruzione, al quale è attribuito un punteggio fino al 50% del punteggio attribuibile ai titoli.
Nella pratica ciò si traduce che nelle graduatorie di merito del concorso fino a 20 punti su un totale di 100, potranno andare ai titoli di servizio.
Risulta evidente che le indicazioni in termini numerici sono importanti per sbloccare l’iter di pubblicazione del concorso: cambierebbe infatti se la quota di riserva destinata ai precari sarà 35 o 50% dei posti totali, così come i posti per il Pas: saranno 20 mila o l’intera platea calcolata? Numeri che interessano i supplenti con servizio alle spalle, ma anche gli altri partecipanti al concorso scuola secondaria.
Infatti, ricordiamo, che in palio ci sarebbero 48536 posti. Facile immaginare, a questo punto, considerando anche le nuove regole del reclutamento degli insegnanti della scuola secondaria, come la platea di aspiranti candidati sarà molto ampia e che la situazione legata ai precari con 36 mesi di servizio al momento stia rallentando il tutto.
Al momento resta comunque lontana l’ipotesi di un concorso riservato, come previsto dalla Buona Scuola, nonostante la pronuncia della Corte Costituzionale proprio sul tema abbia espresso parere favorevole
Infatti, dal prossimo concorso docenti 2019, potranno partecipare tutti i candidati in possesso della laurea magistrale ma privi di abilitazione. A questo requisito, tuttavia, deve essere aggiunto il possesso dei 24 CFU, ovvero crediti formativi universitari nelle “discipline antropo-psico-pedagogiche e metodologie e tecnologie didattiche”, che restano requisito d’accesso come previsto dal Decreto Legislativo n. 59/2017.
Per quanto riguarda i posti banditi per il sostegno, oltre ad i requisiti dei posti comuni, sarà necessario avere la specializzazione sul sostegno.
Ne consegue che il prossimo concorso “farà gola” a moltissimi neolaureati, che senza abilitazione potranno accarezzare l’idea di superare un concorso e dopo alcuni mesi sedersi in cattedra ancora in giovane età.
Al concorso scuola 2019 secondaria, infine, ricordiamo che potranno accedere con il solo requisito del diploma: “gli insegnanti tecnico-pratici sino al 2024/2025 potranno partecipare alle procedure concorsuali con il solo titolo di studio del diploma e senza l’obbligo del conseguimento dei 24 CFU.
In seguito, dopo l’anno scolastico 2024/2025, se non dovesse intervenire alcuna modifica, per gli ITP che vogliono partecipare al concorso sarà richiesta la laurea oppure un diploma dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica di primo livello, o in alternativa, un titolo equipollente o equiparato, in coerenza con le classi di concorso vigenti al momento dell’indizione del concorso, oltre ad i 24 CFU nelle “discipline antropo-psico-pedagogiche e metodologie e tecnologie didattiche”.
Le assunzioni dei vincitori del concorso scuola 2019 si svolgeranno pertanto a settembre 2020, quindi molte cattedre il prossimo anno scolastico resteranno scoperte.
Una volta vinto il concorso scuola secondaria 2019, il docente inizierà un “percorso annuale di formazione iniziale e prova“. Questo percorso sarà quindi annuale, ovvero, una volta vinto il concorso, il docente dovrà frequentare questo anno di “transizione” alla cattedra definitiva. Prima però sarà necessaria una valutazione finale.
Pertanto, è stato abolito il sistema di formazione iniziale adottato dal decreto Legislativo n. 59/2017, in merito ai tre anni di formazione iniziale e tirocinio che i vincitori di concorso dovevano sostenere prima di entrare in ruolo.
Un volta superato l’anno e confermato in ruolo, il docente vincitore di concorso dovrà restare altri quattro anni nella stessa scuola in cui ha superato l’annualità di formazione e prova, per un totale di cinque anni di blocco sulla stessa sede
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