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Concorso scuola, nell’assegnazione delle sedi si tuteli la maternità

In Italia si parla tanto di crollo delle nascite, tuttavia, quando si ha il coraggio di avere un figlio non sempre si viene messi in condizione di poter tutelare la propria vita professionale.

Quasi due anni fa venne pubblicato il bando per il Concorso a cattedra; causa covid, le date per lo svolgimento delle prove vennero rimandate a data da destinarsi. 

Dopo diversi cambiamenti e falsi allarmi, queste sono programmate per marzo 2022, mese nel quale mi ritrovo al nono mese di gravidanza, prossima al parto; dopo un attimo di effettivo smarrimento mi incoraggio, perché la data della prova dovrebbe essere successiva alla nascita di mia figlia.

Mi muovo subito per fare una richiesta molto semplice: abitando in una regione grande come la Sicilia, chiedo di avere una sede non troppo distante dalla mia residenza, spiegando la mia situazione e muovendomi anche tramite sindacato. Non mi sembra una richiesta irragionevole e nemmeno particolarmente complessa da accogliere; attendo abbastanza fiduciosa impegnandomi a studiare come posso.

Nel pomeriggio del 2 marzo viene pubblicato il calendario con le sedi: con mia grande sorpresa mi accorgo di essere stata abbinata a un luogo molto lontano rispetto alla mia città d’origine. Inizialmente penso che tutti siamo stati inseriti in questa provincia e che per questo motivo la mia richiesta non è stata accolta, poi, scorrendo l’elenco dei candidati, non solo vedo sedi molto più prossime a dove vivo, ma addirittura tra queste c’è il mio comune di residenza. Improvvisamente, tutta l’ansia e la frustrazione cumulata mi cadono addosso, insieme alla rabbia e all’impotenza. Perché quella che poteva sembrare una richiesta assolutamente lecita non è stata nemmeno presa in considerazione? Perché una madre che ha appena affrontato un parto dovrebbe essere messa nella condizione di dover fare più di quattrocento chilometri in auto quando potrebbe svolgere la stessa prova a cinquecento metri da casa? Quali sono le tutele per la maternità in questi casi, siamo costrette a subire la combinazione accidentale di un sistema che ci abbina in ordine alfabetico a sedi casuali? 

Non si tratta unicamente di tutela nei confronti della mia persona, ma soprattutto nei confronti di una bambina nata da pochi giorni che deve essere sottoposta per un’intera giornata a un viaggio stancante di molte ore in auto o deve essere separata in una fase delicatissima della sua vita dalla madre. 

Ho provato a contattare diverse persone per avere almeno un riscontro sulla questione; tra cui gli stessi responsabili dell’USR. Dopo molteplici chiamate, qualcuno risponde brevemente dicendo “…vediamo che cosa si può fare” e “…deve essere paziente”. Il giorno dopo riesco avere finalmente una risposta; la persona con cui parlo è molto gentile, ma mi dice che non si può più fare niente, nonostante io abbia fatto presente la mia situazione prima della pubblicazione, perché le sedi assegnate sono già collaudate dal Ministero; al massimo si può, forse, intervenire per le classe di concorso che ancora deve essere pubblicata.

La mia non è l’unica situazione paradossale; così come me, molte altre future madri che si trovano in una condizione analoga alla mia o non potranno spostarsi perché in condizioni di gravidanza a rischio. Mi appello al Ministero, dunque: davvero non si può fare nulla perché avete approvato le sedi? C’è ancora un margine di tempo perché queste possano essere modificate; non è una giustificazione l’aver fatto tutto in fretta e furia a fronte di un bando pubblicato da anni.

Si parla tanto di inclusione, equità: dov’è questa se non si tiene conto delle persone in stato di fragilità quando si devono semplicemente assegnare le sedi di un concorso? Dov’è l’inclusione se, per fare valere un diritto, occorre sempre dover battere la strada del ricorso?

Evidentemente partecipare a un concorso non è un diritto, ma un lusso, che, se trovi il coraggio di fare un figlio in Italia, non è detto che tu ti possa permettere.

Letter firmata

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