Il concorso straordinario docenti secondaria, se da un lato ha accontentato diverse categorie di docenti, dall’altro ha lasciato amareggiati altri potenziali candidati, come i dottori di ricerca.
A parlare della situazione è l’ADI, l’Associazione dottorandi e dottori di ricerca in Italia tramite un comunicato stampa.
“Durante il suo iter di conversione in Legge, in cui sono state apportate numerose modifiche, ci siamo battuti per portare avanti varie proposte di valorizzazione del dottorato nei due concorsi, presentate anche al Miur. Osserviamo con rammarico che, nonostante le apparenti aperture del Miur, purtroppo nessuna delle nostre proposte sul concorso straordinario è stata accolta, senza una valida giustificazione.
Ci sembrava del tutto ragionevole abbassare da 3 a 2 il numero di anni di servizio richiesti per l’accesso al concorso straordinario per chi ha svolto un dottorato. I dottori di ricerca, infatti, hanno dedicato almeno 3 anni di formazione post-lauream e ricerca presso le Università, di conseguenza risultano svantaggiati nell’assolvimento del requisito dei 3 anni di servizio. Riteniamo sia paradossale creare un canale di reclutamento in cui chi ha scelto di continuare a studiare venga penalizzato. Il messaggio che si sta lanciando ai dottori di ricerca che stanno già insegnando nelle scuole secondarie è quello di aver commesso un errore nel conseguire il dottorato: sarebbe stato meglio lavorare nella scuola sin da principio. Il punto è che questo è in contraddizione con le richieste di formazione continua per i docenti e con le normative che delineano le caratteristiche principali della figura del docente. Infatti, secondo il CCNL scuola, i docenti devono possedere ottime conoscenze disciplinari, didattico-comunicative, organizzativo-relazionali e di ricerca. Tutte queste caratteristiche sono state ampiamente sviluppate e consolidate dai dottori di ricerca nel corso del loro percorso accademico. Infatti i dottorandi non solo organizzano e sviluppano il loro specifico progetto di ricerca, ma conseguono CFU disciplinari aggiuntivi, spesso svolgono attività didattiche per gli studenti, comunicano i loro risultati a conferenze internazionali, e in molti casi anche attività di divulgazione rivolte alla cittadinanza. Inoltre il DPR 275/1999, che delinea i diversi tipi di autonomia di cui gode la scuola, dedica l’intero art. 6 all’autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo, concependo l’istituzione scolastica come luogo di ricerca. Ci sembra un controsenso chiedere da un lato formazione continua del personale scolastico e integrazione del mondo della ricerca con quello della scuola ma dall’altro ideare sistemi di reclutamento in cui il possesso del dottorato di ricerca è più uno svantaggio che un vantaggio. È già accaduto nel recente passato che i dottori di ricerca siano stati penalizzati nell’accesso nel mondo della scuola proprio a causa della scelta di continuare gli studi fino all’ultimo grado. Ricordiamo, infatti, che a causa dell’art. 142 del Regio Decreto 1592/1933 il dottorato di ricerca è stato incompatibile con le SSIS e i TFA, comportando l’esclusione dai successivi concorsi riservati agli abilitati. Come ADI, e in accordo con la Terza Missione dell’Università, pensiamo che le conoscenze e le competenze acquisite col dottorato non debbano rimanere rinchiuse tra le mura degli atenei ma essere poste al servizio di tutto il tessuto sociale, in primis in un luogo di formazione ed educazione come quello scolastico. A differenza di altre categorie, infatti, siamo fortemente contrari alla visione della scuola come ammortizzatore sociale, ritenendo invece che essa debba riprendere il suo ruolo di centro culturale della società”.
L’ADI prosegue: “Alla luce di quanto esposto ci sembrava legittimo chiedere anche l’accesso al concorso straordinario ai fini abilitativi, come è stato concesso ai docenti delle scuola paritarie e degli istituti di istruzione e formazione professionale. Riconoscere il dottorato come titolo per accedere ad un percorso abilitativo semplificato sarebbe stato anche un modo per porre fine ai ricorsi basati sull’infondata equiparazione fra dottorato e abilitazione. Riconosciamo che le attività svolte durante il dottorato non siano equivalenti a quelle svolte nei percorsi abilitanti, tuttavia la formazione aggiuntiva alla laurea e le esperienze di ricerca dovrebbero essere valorizzate e riconosciute nell’accesso alla selezione per un percorso abilitante semplificato.
L’unica nostra proposta sui concorsi che è stata parzialmente accolta è quella della valutazione del dottorato nei concorsi ordinari. Con l’emendamento degli On. Fratoianni e Fusacchia, si è stabilito per legge che il dottorato venga valutato almeno per il 20% del punteggio totale relativo ai titoli. Stabilire un tetto minimo per la valutazione del dottorato è un piccolo passo in avanti verso il riconoscimento di questo importante titolo, tuttavia l’art. 3, comma 6, del D.Lgs. 59/2017 prevedeva già che il dottorato venisse valutato e osserviamo che negli ultimi concorsi il dottorato ha avuto un peso del 25%. Inoltre questo limite inferiore è stato ufficializzato per il concorso ordinario, mentre noi lo avevamo chiesto anche per lo straordinario”.
1. Attribuzione di un punteggio significativo in entrambi i concorsi.Durante questa fase di definizione delle tabelle dei titoli chiediamo che si dia al dottorato un peso pari al 50% dei titoli e che questo valga sia per il concorso ordinario sia per quello straordinario. Osserviamo, inoltre, che con l’abrogazione del comma 7-bis dell’art. 14 della Legge 26/2019 il punteggio tornerà ad essere suddiviso in 80% prove e 20% titoli, e non più in 60% prove e 40% titoli e servizio. Di conseguenza il peso dei titoli risulta inferiore rispetto a quello delle prove, quindi è necessario attribuire un punteggio significativo al dottorato per riequilibrare i pesi.
2. Valutazione della didattica universitaria. Oltre al servizio scolastico, chiediamo che vengano riconosciute e valutate anche le attività didattiche universitarie certificate.
3. Esonero dalla prima prova scritta del concorso ordinario per i dottori di ricerca. Il titolo di dottore di ricerca certifica elevate e approfondite conoscenze disciplinari, oggetto sia della prima prova scritta sia dell’orale. I dottori di ricerca hanno già dimostrato elevate conoscenze e competenze disciplinari superando una rigida selezione per accedere al dottorato, in itinere superando esami e valutazioni intermedie, e in uscita con la produzione di un lavoro di ricerca originale sottoposto alla valutazione di una commissione apposita. Pertanto l’ADI chiede l’esonero dalla prima prova scritta. L’esonero dalla prima prova in un concorso pubblico per una determinata categoria è già prevista, ad esempio, per l’accesso all’esame di stato di dottore commercialista. In particolare, chiediamo che la prima prova di accesso al concorso sia considerata un’idoneità per tutti i concorrenti e che i dottori di ricerca, in virtù del loro titolo, vengano automaticamente ritenuti idonei. Se, in alternativa, la prima prova rimanesse inalterata, chiediamo che i dottori di ricerca, alla luce della loro conoscenza specialistica della materia, vengano esonerati con l’assegnazione del massimo punteggio previsto.
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