Una manifestazione che ha rappresentato un segnale, quella di ieri in 100 piazze italiane. I precari della scuola hanno chiesto a gran voce più tutela e stabilità.
Secondo la segretaria della Cisl Scuola Maddalena Gissi bisogna mettere le scuole in condizione di agire con più efficacia, dando stabilità al lavoro, e fare in modo che non si rimetta più in discussione la didattica in presenza. “Non basta dire che le scuole non chiuderanno – dichiara Gissi – servono scelte che aiutino ad andare in quella direzione in concreto e non solo a parole”.
Altro tema, quello delle procedure concorsuali, che a breve vedranno impegnati oltre 60mila docenti. “Si impone una soluzione per i casi, prevedibilmente numerosi, di candidati che non potranno prendere parte alle prove perché coinvolti direttamente o indirettamente in provvedimenti di isolamento”. Impensabile secondo la segretaria Cisl Scuola che chi è costretto ad osservare misure rivolte alla tutela collettiva, venga penalizzato subendo un danno personale pesante e ingiusto. Servono dunque soluzioni immediate, liberando dall’incertezza migliaia di persone.
Parole che si collegano direttamente alla questione del reclutamento: “Serve un sistema stabile ed equilibrato, che assicuri ai giovani l’opportunità di entrare nel mondo della scuola ma nello stesso tempo valorizzi l’esperienza accumulata da quanti, con anni di lavoro precario, permettono al sistema scolastico di funzionare. Abbiamo idee e proposte per uscire da una politica tutta ideologica e che si è rivelata, alla prova dei fatti, del tutto fallimentare”.
Il punto di vista di Turi (Uil)
Opinioni simili quelle di Pino Turi, segretario generale della Uil che però tira in ballo la ministra dell’istruzione: “Un vasto schieramento di scienziati e forze politiche sta chiedendo, anche con atti formali, di ripensare la scelta del concorso straordinario targato Azzolina. Per il ministro, invece, è diventata una vera e propria sfida nei confronti dei politici, di opposizione e di maggioranza, degli scienziati, dei sindacati e del buon senso. Non vorremmo che si materializzasse l’incubo dei docenti costretti a uno stress non indifferente, ad andare in regioni diverse, rischiare di contagiare ed essere contagiati”.
Il concorso della discordia lo definisce Turi, inutile e dannoso, che porterà ad una demotivazione che ricadrà sul sistema ma anche una situazione che può ancora essere evitata.
“Noi non vogliamo la chiusura delle scuole – ribadisce Turi – vogliamo che funzionino al meglio. Siamo stati tra i primi a mostrare tutti i limiti dell’insegnamento a distanza. Anche in seguito, alla ripresa, ci siamo schierati a favore della scuola, sicura e in presenza, quando tutti osannavano le tecnologie digitali, compreso il ministro e le sue avanguardie dell’innovazione”.
Per questo, sottolinea Turi, è stato sottoscritto un accordo che prevede una gestione coordinata dell’emergenza attraverso un tavolo nazionale su cui confrontarsi per trovare le migliori soluzioni. Un tavolo che però si è interrotto e “pare essersi dissolto nelle nebbie della confusione in atto”.
Un protocollo che prevedeva impegni politici specifici come contrattualizzare la Dad, garantire i lavoratori fragili e iniziare a ridurre gli alunni per classe a partire dalle classi iniziali.