Insegnante in aula
Sul concorso straordinario previsto dal “Decreto Dignità” si addensano le prime nubi.
Il problema maggiore sta tutto nei numeri: secondo calcoli attendibili potrebbero avere diritto a partecipare al concorso diverse decine di migliaia di docenti, si parla addirittura di 50mila possibili candidati (qualcuno si spinge fino a 67mila).
Tutto sta nei criteri di ammissione: bisogna essere diplomati con il vecchio ordinamento oppure laureati in scienze della formazione primaria e avere almeno due anni di servizio negli ultimi 8.
E il numero dei candidati potrebbe persino aumentare: se il concorso dovesse essere bandito nel marzo 2019 potrebbe valere infatti anche l’anno in corso, con tutte le conseguenze del caso.
Il fatto è che la legge stabilisce che il concorso non sarà selettivo lasciando intendere che praticamente, prima o poi, tutti coloro che supereranno le prove saranno assunti in ruolo.
Quindi, se parteciperanno in 50mila e se anche solo 45mila dovessero essere inseriti nella graduatoria finale di merito ci vorranno diversi anni per dare risposta a tutti.
Senza considerare che la situazione non è affatto omogenea a livello nazionale: ci sono regioni in cui candidati avranno una cattedra subito o al massimo l’anno successivo, mentre in altre province sarà un terno al lotto per parecchio, sempre che il calo demografico resti ai livelli attuali.
Sta di fatto che, in ogni caso, di qui in poi intraprendere la “carriera” di insegnante di scuola primaria o dell’infanzia sarà sempre più difficile, anzi in alcune regioni sarà pressoché impossibile.
Persino l’estensione del tempo pieno nelle regioni del sud avrebbe l’effetto di un “pannicello caldo” o poco più.
Insomma, il tema è serio e sarà interessante capire quali risposte il Governo sarà in grado di dare: la prossima legge di bilancio sarà un vero e proprio banco di prova.
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