Sono state giornate convulse quelle appena trascorse, che hanno visto un serratissimo confronto tra i partiti della maggioranza di governo e le organizzazioni sindacali.
Dopo gli incontri, anche in notturna, che sembrava avessero portato ad una soluzione condivisa della questione più scottante, legata allo svolgimento del concorso straordinario per la scuola secondaria, è arrivata la rottura da parte del Governo che, per mano del Ministro dell’Istruzione, appoggiata in tutto dal suo partito di riferimento, ha portato avanti la sua proposta di modifica.
Certo è che la fretta, inspiegabile visto il periodo di emergenza, di pubblicare i bandi di concorso a fine aprile, e l’iniziale ostinazione da parte del Ministro di svolgere le prove scritte nel mese di agosto, sfidando tutti i rischi legati al virus ancora circolante, non ha aiutato a creare giusti presupposti per un sereno avvio delle procedure.
Anziché prendere atto delle necessità imposte dall’attuale fase di emergenza, ossia garantire la sicurezza dei candidati da un lato ed assicurare il reclutamento dei 32 mila docenti entro il 1° settembre, mediante il reclutamento per titoli con incarico annuale di formazione e relativa prova orale finale selettiva, come correttamente suggerito dalle organizzazioni sindacali, è passata una soluzione che sicuramente fa discutere.
L’emendamento al decreto scuola 22/2020 approvato in Commissione prevede, infatti, una modifica dell’articolazione e delle modalità di svolgimento della prova scritta della procedura straordinaria, per titoli ed esami, disponendo che la stessa sarà articolata in quesiti a risposta aperta (e non più a risposta multipla) e si svolgerà nel corso dell’a.s. 2020/2021.
I candidati vincitori saranno comunque assunti con decorrenza giuridica dall’1.09.2020.
Considerati i cambiamenti in corsa rispetto ad una procedura già avviata, il Ministero ha peraltro disposto la sospensione, fino a data da destinarsi, dei termini per la presentazione delle domande di partecipazione.
Ma come si farà per avere in cattedra i docenti in numero sufficiente da garantire il corretto avvio del nuovo anno scolastico?
La soluzione proposta ed approvata in Commissione prevede, a modifica delle inziali disposizioni del DL 22/2020, di procedere all’istituzione sin da quest’anno delle graduatorie provinciali di cui al DL 126/2019, dalle quali attingere, in subordine alle graduatorie ad esaurimento, per il conferimento degli incarichi annuali e fino al termine delle attività didattiche.
In sostanza, lungi dal raggiungere l’annunciato obiettivo di immettere in ruolo i 32 mila docenti già dal 1° settembre, a quella data avremo soltanto – ed ancora – altrettanti precari.
Si è quindi giocato interamente sulle spalle dei più deboli, i precari, il braccio di ferro tra Ministero e partiti di governo, nonostante i tentativi dei sindacati di proporre soluzioni più ragionevoli.
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