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Concorso: “Un massacro che va fermato”

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Una insegnante di lettere di 49 anni telefona a Repubblica, denunciando quello che lei reputa “un massacro”: il concorsone dal quale dipende tutto il suo futuro, nonostante 16 anni di insegnamento e una abilitazione.

“Sono incazzata, dice a Repubblica, e sono pronta anche ad andare dai carabinieri, bisogna fermare questo massacro”.

“Ho segnalato e fatto mettere a verbale – spiega – che mancano completamente le griglie di valutazione, cioè i parametri suoi quali i commissari dovrebbero basare il loro giudizio. Su che basi valuteranno? Avrebbero dovuto essere disponibili prima del concorso, in modo da consentirci di prepararci al meglio. Così ho fatto scrivere due righe alla scuola, formalizzando la mia richiesta”.

Un aspetto che si incrocia con le difficoltà della prova, che ha messo insieme docenti delle scuole medie e di quelle superiori: “Sui sei quesiti ben quattro erano per le superiori e solo due per noi delle medie. Senza contare che molti insegnanti hanno conseguito l’abilitazione anni fa, quando le materie per le classi di concorso erano diverse”.

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“Io – prosegue – ho fatto la mia prima supplenza nel 2000, poi mi sono abilitata, ho sempre insegnato, così come tanti altri colleghi che lavorano da una vita. La ministra –  Stefania Giannini – dice che avremo una scuola più giovane, che ci sono oltre 60mila posti. Non dice però che resteranno fuori 150mila insegnati, che si taglia una generazione di docenti. Che cosa dovrei fare a 49 anni, con una famiglia da mantenere e un mutuo da pagare? Faraone – il sottosegretario al ministero dell’Istruzione – ha invitato a metterci in gioco. Lo faccia lui piuttosto, che non ha mai fatto niente, noi abbiamo sempre lavorato nella scuola”.

Una selezione, secondo la docente, che si sarebbe potuta fare in modo diverso, tutelando i diritti di tutti: “Serviva una politica più sensata, istituendo un concorso per titoli oppure uno doppio canale di assunzioni. In tutti i campi – conclude –  si cerca l’esperienza, ma solo nell’istruzione non si vuol far lavorare chi ce l’ha”.