Il direttore dell’Ufficio scolastico regionale, oltre che partecipare alla consultazione, ha provato a dare una lettura regionale dei dati con le maggiori criticità della scuola di oggi.
Fra queste, scrive “Il Corriere del veneto”, anche le richieste dei presidi per i quali è indispensabile che “nel turn over di assunzioni di massa annunciato dal Premier entrino solo docenti con alle spalle almeno 3 anni di insegnamento”, “ma dopo averli sottoposti a un tirocinio vero”.
I docenti invece alla domanda: ”Come vorreste la scuola del futuro?”, hanno risposto: “Con docenti preparati, meno alunni per classe e spazi scolastici adeguati”.
“Nella buona scuola si chiede un adeguamento delle competenze informatiche ma per farlo è necessaria una formazione adeguata degli insegnanti per l’utilizzo di smartphone, tablet, pc. Questa proposta oggi sarebbe difficilmente attuabile”.
E ancora, scrive il Corriere del veneto, riportando le proposte dei prof : “Ottima l’idea di incrementare le ore educazione fisica però molte scuole hanno le palestre inutilizzabili che hanno bisogno di restauri”; “Siamo favorevoli all’avvicinamento della scuola al progetto lavorativo ma come possiamo farlo se i macchinari messi a disposizione delle scuole sono obsoleti rispetto a quelli che vengono usati nelle imprese?”.
Secondo il direttore dell’ufficio scolastico regionale: “Le consultazioni venete mostrano un alto grado di conoscenza della “macchina” scolastica, sono pertinenti, articolate e molto chiare”.
Ma ci sono pure criticità, come lo scollamento col mondo del lavoro: “Se, tanto per fare un esempio concreto, un istituto tecnico prepara un ragazzo a usare il tornio e nelle aziende usano le celle robotiche beh, tutte quelle ore di preparazione sono state assolutamente sprecate”, dice infatti la funzionaria del Miur, Carmela Palumbo.
“E se uno studente esce dal tecnico e non sa lavorare la scuola ha fallito”. “In Germania, visto che abbiamo lo sguardo sempre rivolto lì, tutte le aziende hanno il settore dedicato alla formazione – dice Palumbo – da noi non c’è. Dobbiamo fare un’ammissione doppia. Su questo fronte anche le aziende devono cambiare le cose”.
“L’inglese si studia ma non è appreso nei contesti di realtà – dice Palumbo – i ragazzi studiano e poi non sanno usarlo. È previsto che tutti escano con un livello B2, ma sono in pochissimi ad averlo. C’è da fare una rivoluzione, ora abbiamo appena cominciato”.
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