Si conclude una vicenda antica, quando una improvvisata prof, oggi 35enne, venne accusata di avere intrecciato una relazione con il 13enne, dal giugno del 2017 al gennaio del 2019, e dalla quale è nato un bambino. Rimasta incinta del ragazzo, l’imputata avrebbe minacciato l’adolescente di rivelare a tutti la paternità del figlio se avesse messo fine alla loro relazione.
I due si erano conosciuti nella palestra frequentata dal figlio della operatrice sanitaria (e non prof come è stato più volte detto), la quale avrebbe dato in seguito lezioni private all’adolescente, che all’epoca dei fatti si stava preparando a sostenere l’esame di terza media.
Ad accorgersi di quanto stava accadendo sarebbe stata la madre del ragazzo, che lo costrinse a rivelare il segreto. A quel punto era arrivata la denuncia e l’esame del Dna ha poi confermato la paternità del bambino.
L’accusa è dunque quella di avere intrattenuto rapporti sessuali con un ragazzo minorenne, per violenza sessuale e atti sessuali con minore e per questo la corte di Cassazione ha condannato la donna di Prato a 6 anni e 6 mesi di reclusione.
Trattandosi di un reato ostativo, non sono previste misure alternative al carcere. Nelle scorse ore l’imputata si è costituita nel carcere di Sollicciano a Firenze, nonostante l’ordine non fosse ancora esecutivo.
Ha spiegato uno dei legali della donna a Tgcom24: “Ha fatto pressioni, ma non sessuali, cercava affettività: sbagliata, malata, eticamente condannabile, ma affettività. L’allievo rispondeva con messaggi dettagliati ed espliciti, suggerendole di guardare dei video per eseguire meglio una prestazione richiesta. Non si ha a che fare con un soggetto passivo che subisce pressioni sessuali, lei lo faceva per sentirsi dire di essere amata”.
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