Quando la ministra Fedeli, disse sì allo smartphone in classe, vi scrissi che come dirigente scolastico ero assolutamente contrario. Adesso devo dire che condivido la proposta di divieto dell’uso dei cellullari che distraggono gli alunni dalle lezioni degli insegnanti o vengono usati nei cambi orari e nell’intervallo per filmare episodi da mettere in rete al fine di deridere il compagno più debole o l’insegnante meno autorevole .
La linea del ministro Bussetti, a tale proposito, è rispettosa dell’autonomia scolastica: ogni scuola decida se e come far utilizzare lo smartphone a livello didattico; e così ogni singola scuola può decidere anche una deroga per gli insegnanti che lo utilizzano per compilare il registro on line.
Il divieto imposto per legge serve a persuadere i genitori che non vogliono tagliare il cordone ombelicale ai loro figli, che se proprio i loro figli vogliono portare il cellulare lo devono tenere spento nello zaino e se lo usano quando non è consentito, deve essere sequestrato.
Il problema sorge per la custodia. Non è ipotizzabile che tutti cellulari vengano custoditi in presidenza per 2 motivi: il preside non è presente in tutti i plessi scolastici che dirige ( a causa delle legge 111/2011 essi dirigono più scuole, forse ve lo siete dimenticato); se pure fosse un solo edificio scolastico a dirigere, non basterebbe la vasca da bagno, se ci fosse, per contenerli, come giustamente ha osservato il prof. Rusconi dell’ANP.
E allora il ministro riprenda quella buona idea che espresse all’inizio del suo mandato: dotiamo le scuole di armadietti metallici che si chiudono a chiave, come negli Stati Uniti, dove gli alunni possono riporre i loro libri e i loro cellulari. Questa sì che sarebbe una rivoluzione! Finalmente avremmo una scuola che non fa portare agli alunni gli zaini pesanti sulle spalle distorcendo la loro colonna vertebrale, che fa fare i compiti a scuola (aumentando le ore dell’orario scolastico e la paga degli insegnanti, alla pari degli altri paesi europei) e introduce la mensa per tutti, studenti e operatori della scuola, dando centralità e importanza all’istruzione e alla formazione.
Ma tutto ciò richiede finanziamenti dirottati verso la scuola, che al momento non si vedono, nonostante le buone intenzioni.
Eugenio Tipaldi
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