Dopo sedici anni la guida della Conferenza delle Regioni torna all’area centrodestra: il presidente del Friuli Venezia Giulia, il leghista Massimiliano Fedriga, succede a Stefano Bonaccini, del Pd, che ha guidato l’assemblea delle Regioni nell’ultimo quinquennio. Il cambio di presidenza si deve all’esito delle ultime tornate elettorali, che hanno portato la maggioranza delle Regioni al centrodestra. La pandemia da Covid ha però rallentato l’avvicendamento.
“In questi anni – dice Bonaccini – ho collaborato con tutti i colleghi presidenti, a prescindere dal colore politico, e con cinque governi che si sono succeduti, anche in questo caso di colore politico molto diverso. Avevo ribadito a più riprese, da un anno a questa parte, la mia disponibilità a questo avvicendamento”.
L’accordo è arrivato in maniera unitaria sul nome del presidente del Friuli Venezia Giulia, che sarà affiancato da un vicepresidente di centrosinistra: il pugliese Michele Emiliano.
“Il primo pensiero è un ringraziamento sincero e non formale al Presidente Stefano Bonaccini e al Vicepresidente Giovanni Toti”, ha dichiarato il neopresidente della Conferenza delle Regioni, Massimiliano Fedriga.
“Continueremo – ha detto ancora – ad offrire il nostro contributo propositivo affinché, una volta raggiunte le condizioni di massima sicurezza e comunque nel rispetto dei protocolli di prevenzione, le numerose attività costrette alla chiusura dalle restrizioni figlie della pandemia possano progressivamente riaprire.”
“Ieri – ha sottolineato Fedriga – abbiamo avuto dal Presidente del Consiglio rassicurazioni importanti sulla necessità di un fattivo coinvolgimento delle Regioni nella realizzazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza”.
Il vicepresidente Michele Emiliano, presidente della regione Puglia, sarà il vice-presidente: “Siamo diventati amici sul serio in questi anni – ha detto Emiliano -, un’amicizia forgiata anche in momenti drammatici, ci siamo aiutati moltissimo, lavorando senza distinzione di partito e sempre nell’interesse generale”.
Ma cosa potrebbe determinare per la scuola l’arrivo di Massimiliano Fedriga a capo della Conferenza delle Regioni? In linea generale, l’arrivo di un governatore di centro-destra andrà ad incentivare ulteriormente la necessità di fare stare il più possibile in presenza a scuola gli alunni.
Quaranta giorni fa, però, il presidente del Friuli Venezia Giulia dichiarò, con i casi di contagi da Covid in crescita, che “la scuola oggi purtroppo è un vettore di contagio importantissimo” ed è aperta, mentre “ci sono invece attività, anche piccole o parziali che però non comportano rischi” e rimangono chiuse.
“Io – sottolineò Fedriga – preferisco, purtroppo dovendo scegliere, un ragazzo che fa la didattica a distanza ma che ha il papà e mamma che possono lavorare e portare i soldi a casa per mantenerlo, rispetto a un ragazzo che fa la didattica in presenza ma i genitori non lavorano e non hanno di che mantenersi”. Insomma, secondo Fedriga, dietro la decisione di tenere le scuole aperte, c’è solo tanta “ipocrisia che è andata avanti per mesi”: “una scelta ideologica” da cui bisogna prendere le distanze.
La posizione del nuovo presidente della Conferenza delle Regioni sarebbe quindi favorevole alle lezioni in presenza anche durante la pandemia, in linea con il suo partito e un po’ tutta l’area del centro-destra, ma solo a determinate condizioni.
Una posizione che farà avere il suo peso, sicuramente, anche sulla distribuzione dei fondi del Recovery plan, che le Regioni chiederanno quindi di investire per favorire maggiore sicurezza: quindi, per incrementare gli spazi scolastici, ammodernare gli istituti, ridurre gli alunni per classe.
L’elezione di Massimiliano Fedriga a capo della Conferenza delle Regioni, infine, potrebbe avere anche un peso non indifferente sul reclutamento che si andrà a realizzare all’interno della stessa scuola, a partire dagli obblighi di permanenza nella provincia di assunzione in ruolo. La procedura, quella dei concorsi nella scuola, proprio in questi giorni sta assumendo una nuova dimensione a seguito della volontà del nuovo ministro per la PA, Renato Brunetta, di non lasciare fuori dal processo di rinnovamento nessun comparto pubblico.
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