“Gli 800mila euro a favore dell’Ipsia sono stati confermati”. Ne ha dato notizia la preside Patrizia Costanzo, durante il collegio docenti di fine anno scolastico.
L’anno si conclude, dunque, per il personale dell’Ipsia di Lamezia Terme con una notizia buona e una cattiva.
Quella buona riguarda, appunto, l’edilizia. L’istituto professionale per l’industria e l’artigianato rientra, lo ricordiamo, nel piano triennale approvato dalla regione Calabria, divenuto ormai definitivo, essendoci, a quanto pare, la disponibilità finanziaria. La provincia di Catanzaro ha partecipato, a suo tempo, al bando della regione per la ristrutturazione e l’ammodernamento delle strutture scolastiche, presentando progetti di ristrutturazione relativi a tre istituti. Il primo progetto riguarda il completamento dell’Istituto di istruzione superiore di Lamezia Terme. Nella graduatoria regionale delle scuole destinatarie dei fondi, il quarto posto è occupato dal “Leonardo da Vinci”, cui sono stati destinati, appunto, 800mila euro.
“Mi auguro che con questi soldi, inizierà per l’ Ipsia la rinascita”, è stato l’auspicio di Patrizia Costanzo, secondo le cui previsioni una prima tranche di lavori dovrebbe essere rendicontata entro la fine di quest’ anno.
Uno strano anno per l’IIS. Il destino bizzarro ha voluto che il 2015 fosse, per questa scuola, l’anno della rinascita, ma anche, al tempo stesso, dell’autonomia perduta.
Ed ecco la brutta notizia. Quello che fino a poche settimane fa era un timore, ora è un dato di fatto: la scuola è sottodimensionata, cioè non ha il numero minimo di iscritti previsto dalla normativa per mantenere l’autonomia.
In base alle leggi 111/2011 e 183/2011, gli istituti comprensivi con meno di mille alunni e le scuole costituite con meno di 600 iscritti (400 nelle scuole site nelle piccole isole, nei comuni montani e nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche), perdono il dirigente scolastico e il direttore dei servizi generali e amministravi, e vanno affidate forzosamente a reggenza.
A Lamezia si trovano in queste condizioni l’istituto comprensivo “Don L. Milani”, il liceo classico “F. Fiorentino” e l’istituto di istruzione superiore “Leonardo Da Vinci”.
Già l’anno scorso è saltata l’autonomia al classico, che ha dovuto condividere la dirigenza scolastica con il geometra. Ora tocca all’ IIS, la cui sorte tiene tutti col fiato sospeso.
Circa i futuri assetti dirigenziali si attendono notizie ufficiali, che daranno conferma o smentita alle indiscrezioni circolanti in questi giorni nel mondo della scuola. In particolare, si attende di sapere chi prenderà le redini del tecnico commerciale De Fazio e dell’istituto tecnico per geometri, sempre che Salvatore Vescio non riesca a spuntarla nel suo ricorso contro il decreto di pensionamento.
Ma gli insegnanti del Leonardo da Vinci sono interessati, più che altro, a sapere chi prenderà in reggenza i due plessi Iti e Ipia.
Per qualunque scuola, si sa, l’autonomia perduta è un rospo difficile da mandar giù. Ed è così, giustamente, per l’Ipsia. Perché questa scuola, a parte i muri lesionati, è una realtà importante per il territorio lametino. Anzi, una realtà unica. Nel senso che solo qui i giovani volenterosi hanno la possibilità di imparare a fare i meccanici, gli elettricisti, i falegnami, gli artigiani. Tutti mestieri richiestissimi dal mercato del lavoro e, diciamolo, ben remunerati. E’ normale, perciò, che ci si soffermi a riflettere sulle cause del “default”.
Sul destino dell’istituto ha inciso, indubbiamente, il fisiologico calo delle iscrizioni, in atto già da alcuni anni sia in questa che in altre realtà scolastiche. Un trend in discesa, per l’Ipsia, dal 2006. All’epoca, la popolazione scolastica del professionale era talmente numerosa da rendersi necessario addirittura un ampliamento della struttura. Ma poi la musica è cambiata, in peggio. La scuola, vantata da tutti per essere fiore all’ occhiello della formazione professionale calabrese, fucina di progetti, stage e corsi di formazione, a un certo punto si è sentita abbandonata. Checché se ne dica, è questa l’impressione che molti studenti e professori hanno avuto in questi anni. Di una scuola abbandonata a se stessa, vuoi perché svuotata degli uffici di dirigenza e di segreteria, vuoi perché ospitata in un edificio vecchio e malmesso, vuoi perché mortificata da promesse non mantenute e da un cantiere edilizio rimasto fermo per anni, da sembrare un monumento all’indifferenza istituzionale.
Punti di vista, certo. Ma, se le impressioni sono opinabili, i numeri non lo sono. Il colpo di grazia, in tal senso, è stato inferto al Leonardo Da Vinci l’anno scorso, con la chiusura del corso serale, disposta a fine dicembre 2013 dal dirigente scolastico pro-tempore, Alisia Rosa Arturi, che ha comportato una perdita di 180 iscritti. Oltre che, tra parentesi, di una dozzina di posti di lavoro tra docenti e amministrativi!
Un’ “eredità” che sicuramente non sarà stato facile gestire per la nuova preside, Patrizia Costanzo, insediatasi a settembre 2014, la quale si è trovata nelle condizioni di dover rianimare un “moribondo”.
A parte qualsivoglia considerazione retrospettiva, sta di fatto che, oggi, il Leonardo Da vinci ha tutte le carte in regole per dettar legge in fatto di innovazione didattica, di competenze pedagogiche e tecnologico-professionali. Ha tutti i numeri, tranne quelli dell’ autonomia!
Speriamo, almeno, che siano in arrivo altri importanti numeri (quelli in euro, per intenderci) necessari per rimettere a nuovo l’istituto e, magari, perché no, anche per poterci (noi cittadini) togliere dal groppone, una volta per sempre, il pesantissimo fitto dell’ Itis. Un problema, quest’ ultimo, non di poco conto, considerato che si parla di 250 mila euro l’ anno. Un problema che dovrebbe essere non solo di edilizia scolastica, ma anche e soprattutto di etica amministrativa, dal momento che ci sono in ballo soldi pubblici. Una questione che, dopo tre presidenti di provincia e cinque dirigenti scolastici, è ritornata finalmente al centro dell’ attenzione istituzionale, grazie alla preside Patrizia Costanzo, la quale si è battuta pervicacemente per rimettere in moto la macchina dei lavori, risvegliando qualche pratica sonnolenta. E, forse, anche qualche coscienza.